Lodi, 3 ottobre 2013 - Un'altra notte d’orrore emerge dal passato di Andrea Pizzocolo, il ragioniere di 41 anni in carcere per aver torturato e strangolato con fascette da elettricista la diciottenne romena Lavinia Simona Ailoaiei. E di avere poi gettato il cadavere nudo in un prato di San Martino in Strada. Il Giorno ne aveva già parlato su queste pagine: c’è un’altra vittima del killer a luci rosse; è anche lei giovanissima, anche lei romena, anche lei fa la prostituta. Per caso è riuscita a sfuggire alla furia di Pizzocolo che l’aveva rapita e torturata. La sua storia l’hanno confermata ieri il procuratore capo della Repubblica di Lodi Vincenzo Russo e il capo della squadra mobile Alessandro Battista, che coi suoi uomini sta ricostruendo la personalità di un possibile serial killer.

La scoperta avviene dopo gli appelli lanciati dalla Procura trovare altre vittime. Un ragazzo di San Martino in Strada li ascolta e va in questura a raccontare che la notte tra il 7 e l’8 agosto (un mese prima dell’assassinio di Lavinia) vicino a casa aveva soccorso una ragazza completamente nuda, con polsi e caviglie legati da fascette di plastica e al collo un altro legaccio nero. La Mobile scopre che la donna si chiama Gabriela, non ha ancora 20 anni e ‘fa la vita’ a Milano. Gabriela spiega che aveva prima sentito al telefono e poi incontrato in viale Certosa un cliente diverso dagli altri. «Mi ha portato in un motel, mi ha chiesto di vedere insieme un porno, gli ho detto di no mi ha picchiato fino a farmi svenire».

La ragazza nuda viene immobilizzata con le fascette (ne porta ancora i segni) avvolta in un lenzuolo e caricata nel bagagliaio della monovolume dell’uomo. Ci rimarrà, dice, quattro o cinque ore: lui le strappa soldi e gioielli oltre al telefonino, se si lamenta si ferma e la picchia. Lei riesce a sgusciare dal bagagliaio e striscia in un campo dove la trovano i soccorritori. Il giorno dopo denuncia tutto ai carabinieri di Musocco, indica anche il numero di telefonino dell’aggressore. Passa un mese, Pizzocolo torna nel Lodigiano, quasi nello stesso punto dove aveva lasciato Gabriela, ma questa volta, a poche centinaia di metri sulla buia provinciale di San Martino, scarica il cadavere di Lavinia. Gli inquirenti lodigiani scoprono che il cellulare usato a inizio agosto è uno di quelli sequestrati al killer, che ha clonato il documento di un ignaro collega. Scoprono anche che ha un nastro nero da bondage, comprato in un sexy-shop, identico a quello usato sulla ragazza di viale Certosa. È lei, alla fine, a riconoscere il ragioniere, che ora dovrà rispondere di sequestro di persona e rapina impropria.

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