Lodi, 25 novembre 2012 - Quel 26 novembre 2002, mezza città finì sott’acqua. Sono trascorsi dieci anni, ma quella giornata rimane una macchia indelebile nella storia della città, oltre che un ricordo immortale nella testa dei residenti che ebbero la sventura di affrontare una piena del fiume Adda quando, solo poche ore prima, erano stati rassicurati dalle istituzioni sulla non pericolosità del fiume. «In occasione di questo anniversario, voglio solo esprimere la mia indignazione di fronte alla totale indifferenza mostrata dai miei concittadini e conterranei — spiega l’ex presidente del Comitato alluvionati, Domenico Ossino —. A distanza di anni il rischio idrogeologico nel Lodigiano, come su tutto il territorio nazionale, è aumentato ulteriormente. I disastri alluvionali sono sempre più ricorrenti e dannosi. Non per colpa del clima, come vogliono farci credere, ma solo a causa di grossissime inadempienze e delittuose manfrine da parte della pubblica amministrazione. Ma nessuno reagisce. L’attuale incultura e indifferenza generale ci porteranno alla catastrofe».

Ossino da un anno lancia appelli per ridare operatività al Comitato Alluvionati Lodi, «per fare rete con altre realtà analoghe e per chiedere, tutti assieme, alle istituzioni nazionali, alla Regione, al Prefetto, alla Provincia, al Comune di Lodi e a tutti i Comuni del Lodigiano quegli interventi strutturali urgenti per evitare che si ripetano situazioni simili a quelle che nel novembre del 2002 misero in ginocchio il territorio». Il Comitato Alluvionati Lodi, nato nel 2002 e costituitosi nel 2003, sull’onda emotiva del dramma vissuto in città, voleva porsi come referente per gli enti locali. «Ma soprattutto serviva a controllare e sollecitare le istituzioni nazionali e locali, affinché fossero assunti tutti quei provvedimenti e quelle misure strutturali atte a contrastare il problema delle continue esondazioni», spiega Ossino.
 

«Le istituzioni di Lodi in questi anni hanno dimostrato sensibilità al problema e diversi interventi sono stati eseguiti sul tratto cittadino del fiume Adda a Lodi — ammette l’ex presidente del Comitato Alluvionati —. Ciò non vuole dire che, a dieci anni di distanza, la città sia al sicuro da alluvioni ed esondazioni. Purtroppo i record sono fatti per essere battuti e nulla potrà mai escludere la fatale ipotesi che i dati della piena raggiunti dall’Adda nel novembre 2002 possano essere superati. Fra quelli realizzati, un intervento che merita menzione è l’abbassamento della soglia della briglia a valle del ponte cittadino. Per rendere sicuro il nostro territorio, all’appello mancano ancora una serie di interventi urgenti».
 

Ossino fa l’elenco: «Manca il raccordo, alla nuova quota di base, sia dell’alveo di tutto il tratto fino a Cassano d’Adda, che le opere di captazione o altri sbarramenti. Manca l’allargamento dell’alveo, in eguale misura della “luce” complessiva del ponte. Non solo. Visto il notevole apporto solido delle piene, andrebbe ripristinata la preesistente “sacca di sedimentazione”, in alveo, dove potrebbe accumularsi il materiale in arrivo, ed essere da lì rimosso prima di passare a valle di Lodi, dove va a peggiorare una situazione di per sé già critica. A conferma di quanto detto, vale la pena di citare lo stralcio dal “Parere tecnico sul rischio idrogeologico in pianura padana con particolare riferimento al fiume Adda nel Lodigiano”: “In conclusione per ridurre il rischio idraulico in pianura padana bisogna fare di tutto per invertire il processo d’innalzamento della rete idrografica padana; avviare, per tale scopo, un programma radicale di pulizia degli alvei, bloccare ogni programma d’innalzamento degli argini e controllare gli sbarramenti esistenti».

R.Lo.