Borghetto Lodigiano, 27 maggio 2012 - Confermata in Appello la pena a dieci anni di carcere per don Domenico Pezzini, il prete lodigiano accusato di violenza sessuale nei confronti di un ragazzino del Bangladesh. I giudici della corte d’assise d’appello non hanno dunque cambiato il verdetto pronunciato a dicembre 2010 con rito abbreviato dal giudice per l’udienza preliminare Maria Vicidomini, che era andata oltre le richieste del pubblico ministero. Da un anno il sacerdote 74enne, figlio di un fabbro e di una contadina di Borghetto Lodigiano, è agli arresti domiciliari in una comunità monastica.

Avrebbe abusato del giovane tra il 2006 e il 2009, anche quando il ragazzo aveva meno di 14 anni. In primo grado il pm Cristiana Roveda aveva chiesto per lui otto anni e mezzo di reclusione, mentre l’avvocato Mario Zanchetti, che lo difende, ne aveva sollecitato l’assoluzione. Al ragazzino, costituitosi parte civile con l’avvocato Laura De Rui, il giudice concesse una provvisionale di 50mila euro come risarcimento danni. Il pg Elena Visconti, pubblico ministero in appello, aveva chiesto proprio la conferma del primo verdetto. Don Pezzini è un prete molto conosciuto nella comunità omosessuale, dagli anni ’80 animatore di un gruppo di gay credenti che approfondiscono le tematiche relative all’omosessualità e ai suoi rapporti con il Cristianesimo. È stato anche docente di linguistica inglese all’Università di Verona. Le violenze sarebbero avvenute nella sua abitazione di Milano. In particolare, secondo l’accusa, il religioso avrebbe avvicinato in un parco il ragazzo, che viveva in una situazione di indigenza e degrado, offrendogli una possibilità di aiuto.

In realtà, poi, avrebbe abusato più volte di lui per circa tre anni. Nel corso delle indagini era arrivata in Procura anche un’altra denuncia per abusi sessuali a carico del prete, presentata da un uomo straniero che raccontò di aver subito violenze una quindicina di anni prima, quando era minorenne. Fatti prescritti, ma che l’accusa usò come ulteriore elemento per confermare il quadro probatorio nel processo. I giudici del tribunale della libertà, che nel corso delle indagini avevano confermato per don Pezzini il carcere, scrissero che il prete avrebbe avuto «l’astuzia» di accreditarsi «agli occhi dei genitori del ragazzo e degli operatori sociali» come «un sacerdote animato da propositi di aiuto verso il minore». I magistrati descrissero le modalità di approccio con il ragazzo, sostenendo che «non appaiono affatto occasionali» e segnalando anche che l’uomo «ha molteplici contatti con giovani uomini extracomunitari, attestati anche dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni dei vicini di casa».