Lodi, 9 dicembre 2010 - Cresce la fibrillazione in vista dell’assemblea dei soci del Banco Popolare in programma sabato a Verona. I partecipanti sono chiamati a dare il via libera a un aumento di capitale da circa 2 miliardi di euro che l’amministratore delegato del gruppo Pierfrancesco Saviotti ha delineato quale unica soluzione per poter puntare a un ritorno alla redditività del passato e a qualche modifica allo statuto. Intanto nel Lodigiano monta il malcontento dei piccoli azionisti.

«Notiamo che Lodi sta diventando sempre più subalterna a Verona — dichiara Tino Modesto Volpe, presidente dell’associazione nazionale piccoli azionisti —. Con lo statuto in vigore non riusciremo mai ad avere una posizione paritetica nella leadership: c’è scritto che nel momento in cui vuole presentare una lista per entrare nel Consiglio di amministrazione, il primo dell’elenco deve essere obbligatoriamente un residente nell’area storica di Verona. È chiaro che così i veronesi diventano favoriti per entrare nell’organismo».

«Abbiamo già segnalato l’anomalia, tra le altre cose, in luglio al presidente Carlo Fratta Pasini — aggiunge —. Gli abbiamo chiesto di pensare a un meccanismo più equilibrato. L’unica cosa che ha recepito è stata quella di introdurre la votazione a distanza, in teleconferenza. É una modifica che sarà posta in discussione sabato in assemblea e che viene varata, guarda caso, proprio quando ci si appresta ad affrontare la prima assemblea ordinaria a Lodi. Fino a oggi sono state fatte tutte a Verona e i lodigiani erano obbligati, se volevano esprimere il loro parere, a prendere l’auto e ad andare in Veneto».

Ma Volpe si spinge anche più in là. «Qui constatiamo quotidianamente come sia Lodi a salvare Verona — prosegue —. Per far fronte alla voragine Italease da 5 miliardi di euro si sta pensando di vendere tutto il patrimonio della Lodi, la Caripe (già ceduta), la cassa di risparmio di Pisa, Lucca e Livorno, Crema e Cremona e così via. Inoltre ci viene chiesto di aumentare il capitale per 2 miliardi di euro. A questo punto ci converrebbe ricomprarci la Lodi: il suo valore si aggirerebbe sul miliardo e 300 mila euro. Varrebbe quasi la pena, trovando magari altri sostenitori, tentare l’affare, rilevare solo la “macchina banca” con i suoi 550 sportelli».

Il presidente dei piccoli azionisti si scaglia anche contro il sistema di voto in assemblea. «Anche sabato si ripeterà una cosa molto curiosa — denuncia —. Voteranno a favore, automaticamente, anche coloro che si trovano al bagno, al bar o a fumare. I servizi igienici chimici (circa 500) così come la zona buffet sono inserite all’interno dell’area post-tornelli, quella che arriva dopo la registrazione. Al momento dell’alzata di mano solo i contrari e gli astenuti sono invitati a dare il loro nome e a spiegare le motivazioni. Chi non c’è in aula in quel momento automaticamente è a favore. In realtà dovrebbe ripassare dal tornello ed essere registrato come assente».

L’ipotesi del riacquisto della Popolare di Lodi lascia un po’ perplessa Giusy Santus, socia e sindacalista dell’istituto di credito. «Niente è impossibile — afferma —. In realtà bisognerebbe vedere se la banca è in vendita e finora non è stata messa nell’elenco. Forse bisognava pensarci prima. Lodi subalterna? Non è escluso. Preoccupante è il fatto che non appaia in posizione paritetica a Novara e Bergamo».