2009-06-13
di PIETRO TROIANELLO
— CORNO GIOVINE —
UN INTERO PAESE di 500 anime, Noceto, devastato dalla eccezionale esondazione del Po, nel 1839, sepolto in gran parte dai detriti e cancellato per sempre dalla mappa del Lodigiano - fatte le debite proporzioni - diventa una sorta di Atlandide: un «continente perduto» in miniatura. Nella Bassa l’antologia del fiume straripa di storia, miti e leggende. Le tracce di Noceto, si trovano ancora da qualche parte, a ridosso del Po tra San Rocco al Porto e Caselle Landi. Le rovine sono custodite nella quasi impenetrabile cassaforte del tempo: un poco sott’acqua, un poco sotto il cumulo di limo e ghiaia. Nonostante 170 anni trascorsi dalla sconvolgente alluvione, mai nessuno ha messo in cantiere il progetto di un intervento archeologico. Forse non ne vale la pena: troppe spese per risultati che, tutto sommato, potrebbero rivelarsi modesti. E comunque proprio perché «paese fantasma» Noceto ha attirato e attira altri interessi: un’atmosfera da epopea che va a mescolarsi alle numerose leggende e alle tante pagine di storia che riposano cullate dalle acque del Lungopo lodigiano. Di Noceto si sono occupati tra gli altri il compianto Umberto Migliorini per molti anni sindaco di Corno Giovine, scomparso prematuramente nell’aprile di due anni fa ed anche Stefano Tansini e Ferruccio Pallavera entrambi appassionati di storia e tradizioni locali. Prima del 1839 Noceto era un comune a tutti gli effetti con tanto di stemma e di insegne. Poi l’oblio. I barcaioli di lungo corso e dallo sguardo acuto raccontano che in particolari stagioni dell’anno con l’acqua del Po limpida, dal letto del fiume affiora la cuspide di un campanile. Si tratta di Noceto? O si tratta di un miraggio, come sostengono i più scettici? C’è chi evita di pronunciarsi e si astiene da ogni sorta di commento. Invece non fu un miraggio il ritrovamento della statua di San Michele custodita inizialmente in un oratorio edificato nel 1480 (come ricorda lo storico Tansini). L’oratorio, venne spazzato via da una delle tante alluvioni. Venne ricostruito a più riprese in posizioni più a arretrare ma sempre a stretto contatto con il Po. La gente di fiume del XIV.mo secolo aveva scelto il culto di San Michele ed aveva eletto l’Arcangelo come protettore dalle disastrose alluvioni. Circa duecento anni fa, una delle tante esondazioni, sopraggiunta in maniera improvvisa, coinvolse l’oratorio di San Michele e strappò dalla sua nicchia la statua in legno. Ma la preziosa scultura non andò molto lontano: il sacro legno riaffiorò dalle acque, venne avvistato e recuperato da alcuni temerari pescatori. A Corno Giovine in ricordo di quel singolare ritrovamento, ogni anno, tra fine agosto e inizio settembre, si svolge una solenne cerimonia religiosa con festosa processione di barche.

NELL’ALBUM dei ricordi, lungo un segmento della via d’acqua che supera di poco i 10 chilometri, oltre alle pagine dedicate a Noceto e al culto di San Michele Arcangelo fanno testo anche i riferimenti ad una delle imprese più ciclopiche commissionate per contenere le esondazioni. Nel 1593 i nobili Landi di Piacenza feudatari particolarmente lungimiranti, esasperati dalle ricorrenti bizzarrie del Po decisero di deviarne il corso eliminando una grande ansa che sembrava ostacolare il deflusso delle acque. Il progetto e la direzione dei lavori vennero affidati ad un ingegnere di Bologna (Scipione Dattari). L’operazione di bonifica (rievocata festosamente nell’anno 1993 dopo 4 secoli esatti, con tanto di celebrazioni in costume e carosello di carrozze lungo l’argine maestro) raggiunse diversi obiettivi: rese coltivabili molti ettari di terra paludosa, mitigò in parte gli effetti delle piene, ma spostò anche molti tasselli nella storia e nella geografia locale: l’antico borgo di Caselle Landi si ritrovò proiettato, di punto in bianco, sull’altra riva del Po in terra lodigiana.