Magenta, la Stf è fallita: cento dipendenti a casa

I tre curatori fallimentari dovranno traghettare la storica azienda verso la fase conclusiva

La Stf di Magneta

La Stf di Magneta

Magenta (Milano), 15 maggio 2018 - È stato dichiarato il fallimento della Stf. La comunicazione è arrivata dal tribunale di Milano, che ha nominato tre curatori fallimentari per traghettare la storica metalmeccanica magentina fino alla conclusione di una vicenda che oggi vede coinvolti circa cento dipendenti. Il decreto di fallimento era nell’aria fin da venerdì, ma è stato notificato solo ieri con «prosecuzione di esercizio provvisorio». Cosa questo significhi nel concreto si saprà nei prossimi giorni. Di certo i curatori dovranno presentare al giudice una relazione particolareggiata sulle cause del fallimento e amministrare i beni della Stf fino alla liquidazione e al pagamento di tutti i debiti. Nel frattempo è prevista per questa sera un’assemblea dei lavoratori e dei sindacati, così da fare il punto della situazione. Dopo le ore di sciopero decise verso la metà del mese scorso, la proprietà della famiglia Trifone aveva comunicato che avrebbe pagato gli stipendi di aprile. In attesa, evidentemente, di giungere all’epilogo della vicenda. Epilogo che è stato formalizzato ieri.

Gli scenari futuri non cambiano. Le prospettive dell’azienda sono legate alle trattative che questa ha portato avanti nel recente passato. Nonostante il fallimento, non è possibile escludere a priori la vendita di parti dell’azienda, cosa che potrebbe anche permettere una continuità lavorativa a Magenta per una parte dei lavoratori. Scenario che era stato auspicato di recente anche dalla Fim Cisl. Con il fallimento della Stf una parte produttiva importante di Magenta viene persa. La Stf è nata oltre cinquant’anni fa ed è sempre stata guidata dalla famiglia Trifone, fino a quando sono cominciati i problemi. Qualche anno fa la crisi del mercato ha messo in difficoltà l’azienda, in precedenza leader mondiale nella realizzazione di caldaie industriali e scambiatori di calore. Una situazione alla quale la proprietà non è stata capace di porre rimedio. Le prime avvisaglie di come sarebbe finita, però, si sono concretizzate nell’estate dell’anno scorso, quando hanno perso il lavoro circa 80 dipendenti senza che si trovasse un accordo tra sindacati e dirigenza. L’obiettivo era quello di trovare soci o acquirenti, prospettiva che comunque non è del tutto tramontata.