Legnano, allarme rosso violenza sulle donne: raddoppiati i casi al Pronto soccorso

In ospedale è stato formato un pool per l’aiuto alle vittime: nel 2016 erano una cinquantina mentre quest'anno saranno più di 100

CAMICI BIANCHI Giancarlo Razionale con la collega Monica Ranzini

CAMICI BIANCHI Giancarlo Razionale con la collega Monica Ranzini

Legnano (Milano), 13 agosto 2018 - Violenza di genere, in aumento il numero delle vittime: il Pronto Soccorso dell’ospedale di Legnano forma medici specializzati diventando un’avanguardia in Lombardia. Una situazione delicatissima che vede il personale assolvere ad un compito «sociale oltre che sanitario», spiega il primario del Pronto Soccorso Giancarlo Razionale, affiancato da Monica Ranzini, medico e referente per l’accoglienza delle donne vittime di violenza. I numeri sono impietosi: dal 2016 ad oggi il numero di donne vittima di violenza che si sono rivolte all’ospedale legnanese è raddoppiato. Erano una cinquantina i casi registrati nel 2016, saliti a 87 nel 2017 (66 sono i casi l’anno scorso all’ospedale Fornaroli di Magenta), quest’anno, secondo le stime si dovrebbe purtroppo superare quota 100. «Fondamentale – spiega Razionale – è l’accoglienza delle vittime».

Il personale che registra il caso deve saper riconoscere i segnali. Perché le vittime di violenza fisica e psicologica (dai maltrattamenti allo stalking sino allo stupro) nella quasi totalità dei casi non denunciano subito l’accaduto. In gioco ci sono paura, anzi terrore visto quello che si è subito, e la sudditanza dovuta a anni di prostrazioni in alcuni casi nei confronti dell’aguzzino. Legnano nel 2014 ha attivato il progetto Codice Rosa, per dare una formazione specifica a medici e infermieri. «Individuare i segnali è indispensabile – spiega Ranzini –. Spesso la vittima è accompagnata dal compagno che è la stessa persona che le fa del male. Con vicino chi la maltratta, la vittima non parlerà mai». Inventerà una scusa e se andrà. «E una volta uscita dal Pronto Soccorso avremo perso la possibilità di aiutare quella donna non soltanto sul fronte sanitario».

Il metodo legnanese prevede come primo step l’individuazione dei segnali (non solo fisici, ma soprattutto psicologici) dell’abuso. La vittima, quindi, viene isolata in un ambulatorio protetto. «Questi casi vengono affidati soltanto a medici internisti tutti formati per seguire queste pazienti – dice Razionale –. Occorre tempo per affrontare un caso così delicato». Le cure fisiche sono la punta di un iceberg. Il medico deve poter convincere la vittima a rivolgersi alle autorità: in Italia i medici possono denunciare d’ufficio sospetti abusi se la vittima ha una prognosi dai 21 giorni in su. In questi casi la giustizia può procedere anche senza una denuncia. Dai 21 giorni a scendere serve una querela. Ecco perché la gravità della ferita non è sintomatica della gravità della situazione: la vittima deve fare quel passo e il medico deve poter capire. I medici del Pronto Soccorso di Legnano sono formati a capire. I numeri confermano il successo del metodo legnanese: sempre più vittime scelgono di fare quel passo difficilissimo verso la salvezza. Si tratta di donne in media tra i 30 e i 40 anni per le quali Legnano sta diventando un punto di riferimento. Le statistiche smentiscono tra l’altro i luoghi comuni: il 42% delle vittime è di nazionalità straniera, il 58% delle donne maltrattate sono italiane maltrattate da italiani.