Vive a Legnano l'albanese più detestato dai serbi

Condannato per istigazione all'odio razziale per aver inneggiato alla "Grande Albania" non verrà estradato come avevano chiesto le autorità serbe ma potrà continuare a vivere nella città del Milanese

Un interno del palazzo di Giustizia di Milano

Un interno del palazzo di Giustizia di Milano

Legnano (Milano), 11 luglio 2018 - Il suo nome non dice molto, eppure questo ragazzo di 35anni è stato per diverso tempo uno delle persone più ricercercate a livello internazionale. La sua colpa? Quello di aver organizzato uno sfottò durante una partita fra Serbia ed Albania, pilotando un drone con la bandiera della “Grande Albania”. «Me lo ricordo come fosse ieri – spiega Ismail Morinaj (nella foto), che vive insieme alla famiglia a Legnano ormai da anni –. Era il 14 ottobre del 2014 e si giocava per la qualificazione a Euro 2016». Quello che accadde durante la partita fu pesante: scontri, risse fra tifosi e sospensione della gara. L’autorità giudiziaria serba contesttò subito il reato di istigazione all’odio interetnico, razziale, religioso e all’intolleranza.  «Il mio voleva essere un sostegno alla squadra e la bandiera un insieme di riferimenti alla nostra storia. Le autorità invece lo hanno visto in maniera diversa ed è iniziata per me una vera e propria persecuzione».  Nel giugno 2017, Ismail fu arrestato in Croazia su mandato di cattura emesso dall’autorità serba e rimase in carcere a Dubrovnik per circa dieci mesi. «Ho poi ottenuto gli arresti domiciliari in Italia dove ho casa da anni e dove sono sposato con mia moglie, italiana. Nelle ultime settimane avevo l’obbligo di firma». Per lui nessuna estradizione in Serbia dove rischierebbe una pesante condanna fino ad 8 anni e dove pende per lui una taglia di un milione di euro. «Gli avvocati che mi hanno difeso, hanno sempre sposato la mia tesi secondo la quale non si tratta di un reato politico. Non mi aspettavo certo un mandato di cattura internazionle da parte di uno stato sovrano e neppure di essere accusato di odio etnico. Mi hanno accusato di essere estremista, ma i veri estremisti sono loro che hanno fatto la guerra per anni e che continuano a farmela».  Per lui tante minacce sui social, molte di morte. «Pensavo finesse lì sui social, invece sono stato inseguito per lungo tempo e ancora adesso mi minacciano di morte. Non c’era alcuna strategia terroristica, ma solo sfottò per una partita di calcio che si è poi trasformata in una caccia alle streghe».