Protesta alla rsa di Parabiago: "I nostri genitori sono morti, diteci perché" / FOTO

I parenti di alcuni ospiti dell’Albergo del nonno hanno manifestato davanti ai cancelli della rsa per chiedere chiarezza ai vertici della struttura

Protesta alla rsa Albergo del nonno di Parabiago

Protesta alla rsa Albergo del nonno di Parabiago

Parabiago (Milano), 14 giugno 2020 - Giustizia e verità. È quello che chiedono da tempo i parenti delle persone decedute – e di quelle che ancora sono ammalate - per il covid-19 alla casa di riposo Albergo del nonno. "Vogliamo sapere la verità". "Vogliamo giustizia" erano anche le frasi scritte sui cartelli esposti ieri pomeriggio in occasione del presidio organizzato dai famigliari delle vittime. Alcuni avevano delle croci. Altri le fotografie dei genitori deceduti. Persone che vogliono soprattutto capire cos’è successo in questi mesi all’interno della struttura comunale, periodo in cui sono deceduti il 40% degli ospiti. Ma anche cosa sta accadendo oggi. Ats dice che in questa casa di riposo si sono avuti 41 casi (tra accertati e sospetti) che hanno portato a 15 decessi accertati per covid-19, 4 per sospetto covid-19 (non essendo mai stati fatti i tamponi) mentre le morti totali sono state 22. Sotto accusa la mancanza o comunque l’insufficenza di dispositivi di protezione individuale (ci sarebbero a riguardo delle testimonianze del 26 marzo e del 2 aprile degli operatori socio-sanitari).

Accuse vengono mosse anche all’Amministrazione comunale. "Non capiamo il motivo per cui su questa vicenda non si vuol fare chiarezza, anche sui dispositivi" dicono i promotori del presidio. "Questa è la prima cosa che si dovrà chiarire, e che spero faccia il magistrato se, dopo le nostre denunce, verrà aperta una inchiesta". "È ormai chiaro a tutti che in questa casa di riposo è accaduto qualcosa di grave. Chi ha sbagliato ne dovrà rendere conto" aggiungono. I parenti sfogano le loro delusioni, condite dall’amarezza per la scomparsa dei parenti, raccontando le loro storie.

Il padre di Ivan. "L’ultima volta che ho visto mio padre è stato il 3 marzo, quando hanno concesso la visita ad un parente per un quarto d’ora – testimonia Ivan Schiavi -. È deceduto il 14 aprile. In tutti quei giorni ho potuto fare con lui due videochiamate, di pochi minuti. A volte aspettavamo a lungo la chiamata che non arrivava. Abbiamo saputo che il 9 aprile gli avevano messo l’ossigeno, ma che non era grave e per questo non veniva mandato in ospedale, nonostante le nostre richieste. Pochi giorni dopo è morto. Di cosa sia morto mio padre non lo so ancora". "Il giorno di Pasqua non mi hanno chiamato. Al mio ultimo tentativo, alle 20,48, non c’era nessuno in reception ma doveva rispondere un numero di emergenza, che risultava staccato".

La madre di Matteo. "Era qui a Ravello da 9 anni – racconta il figlio Matteo Porcellini -. Non l’ho più vista da fine febbraio. È deceduta il 18 aprile". "All’inizio la sentivamo telefonicamente, poi ci hanno vietato ogni contatto. La notte di Pasqua l’hanno ricoverata in ospedale a Legnano dove per la prima volta le hanno fatto il tampone. Subito è risultata la positività al covid-19. L’hanno messa nel reparto covid, ma dopo sei giorni è morta".

Il padre di Maria Grazia. "Mio padre è stato bene sino al 9 aprile. Quel giorno – aggiunge Maria Grazia Colombi, la figlia di Angelo, di 91 anni – ci hanno chiamato dicendo che aveva basso il paramento della saturazione e che quindi doveva essere messo sotto ossigeno, ma avendo l’Alzheimer non stava fermo e quindi ci hanno chiesto se potevano legarlo. Non stando fermo non teneva bene la mascherina. Dopo una settimana ci avvisano, di notte, del ricovero alla Mater Domini. Il mattino seguente dall’ospedale lo hanno rimandato alla casa di riposo, dove, ci hanno detto, avrebbe potuto avere le stesse cure. Ma era chiaro che ormai lo davano per spacciato". "Mio padre ha comunque tenuto duro per altri 15 giorni, poi è deceduto".