Nerviano, in coma alla festa degli amici: "Un anno di silenzi"

Lunga riabilitazione per il ventenne di Lainate. Il legale: "Troppe reticenze, l’indagine è ancora aperta"

Ambulanza in ospedale

Ambulanza in ospedale

Nerviano (Milano), 12 agosto 2020 - È tornato a casa, ma la sua vita come quella dei suoi genitori, non è più la stessa. Dopo un anno, non si sa cosa sia avvenuto all’interno di un appartamento di Nerviano, nel Milanese, da dove Luca (nome di fantasia), un ragazzo grande e grosso, vent’anni, invitato a una festa di compleanno uscì in coma per una ferita alla testa che nessuno dei presenti ha mai voluto spiegare spiegato.

Era il 26 luglio del 2019. «Mamma ci vediamo più tardi», disse. Scelse la polo e le scarpe da indossare, prese il regalo per l’amica festeggiata e usci dalla sua casa a Lainate. Diplomato da poco e pronto a trovare un lavoro, pensava solo di divertirsi un po’. Poco dopo le due del mattino, la telefonata di uno dei presenti al 112. I soccorritori capirono subito la gravità della situazione. In ospedale, il ventenne arrivò in coma e ci rimase diverse settimane, prima di essere trasferito in una struttura riabilitativa del Lecchese. La diagnosi: frattura cranica e lesioni cerebrali. 

Come è potuto accadere? Secondo l’avvocato di famiglia, Paola Padoan, le versioni degli altri giovani sarebbero state discordanti. «Un gioco finito male», «stava facendo una capriola è caduto e ha battuto la testa» e «stava cadendo, lo abbiamo aiutato a rialzarsi ma è caduto ancora e si è fatto male». Nulla spiega la gravità delle sue lesioni. I familiari si sono più volte domandati perché nessuno li abbia subito contattati. Seppero dell’accaduto una volta che il loro figlio era già in ospedale, così come si domandano perché nessuno abbia chiesto l’intervento dei carabinieri. Si è anche parlato di un gioco conosciuto come la “ruota”, uno scherzo già di per sé fuori luogo. A distanza di oltre un anno, nessuna certezza. «Non abbiamo ancora avuto notifica della chiusura indagini», spiega l’avvocato Padoan, «solo allora potremo sapere tutto».

Luca? È arrabbiatissimo. Tornato a casa lo scorso inverno, prima della pandemia, dopo un lungo periodo nel centro di riabilitazione, vuole sapere cosa gli è successo. A prescindere da quanto la Procura di Milano e i carabinieri avranno scoperto, il vero dramma restano silenzi e reticenze della quindicina di giovani che erano con lui. Tutti sono stati sentiti e i loro cellulari sono stati sequestrati, alla ricerca di una risposta che, non potendo cancellare il dolore, allevierebbe almeno l’angoscia della famiglia.