La 'ndrangheta da Legnano a Malta: "Tornate con i soldi, altrimenti picchiate"

Francesca, figlia del boss Vincenzo Rispoli, sarebbe stata a capo della spedizione punitiva a Malta nei confronti di un imprenditore

L'omicidio di Cataldo Aloisio

L'omicidio di Cataldo Aloisio

Legnano (Milano), 5 settembre 2020 - Una violenta spedizione punitiva per far capire all’imprenditore che «la ’ndrangheta esiste ancora» e va rispettata, dove la figlia del boss prende in mano la situazione facendo le veci del suo amorevole genitore. Questo il quadro in cui è maturata la “vicenda Malta”, ovvero il pestaggio ai danni di un imprenditore di Meda da parte di alcuni degli appartenenti alla Locale dell’ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, arrestati l’altro ieri dal reparto operativo dei carabinieri di Milano, su decisione del gip meneghino. 

Era il 2019 quando su un volo diretto a Malta Francesca Rispoli, detta “Chicca”, figlia dell’uomo al vertice dell’organizzazione mafiosa condannato in via definitiva a otto anni di carcere, ha piazzato i fratelli Giuseppe e Michele Di Novara e il suo fidanzato Giuseppe Lillo. Obiettivo? Un imprenditore che a loro dire «doveva pagare» lo scotto per aver usufruito di braccia operative “in nero” in un cantiere edile sull’isola. La stessa giovane, come spesso accade designata a indossare la corona in assenza dei familiari rinchiusi in carcere, avrebbe specificamente ordinato al trio di non ripresentarsi a casa senza aver finito il lavoro. «Ciao bagasci, ritornate con i piccioli» ha detto intercettata al telefono con Lillo, che gli risponde: «Non ti preoccupare, se non ce li da spacchiamo tutto». «Lo abbiamo picchiato forte, in una via buia», ha spiegato successivamente una delle «braccia armate» intercettato al telefono, «c’erano sangue e denti per terra». A lasciarlo a terra esanime sarebbe stato, sul finire, il fidanzato della figlia del boss che, a detta dei suoi complici, «lo ha spaccato, come Ken Shiro». Il denaro da farsi restituire? Miseri 200 euro, un bonifico non meglio precisato e il volo di rientro. Poi il gruppetto è andato a festeggiare. Sullo sfondo, seppure dal carcere, Vincenzo Rispoli sarebbe stato costantemente aggiornato. 

«Lo arrestano perché hanno picchiato», ha detto la figlia rispetto alle manette ai polsi del suo compagno, «fa niente, almeno hanno picchiato». A far scattare la nuova parte di indagini è stato uno degli uomini di fiducia di Rispoli, Emanuele De Castro, il quale ha deciso di collaborare con gli inquirenti dopo essere finito in manette a sua volta. Per stessa ammissione di De Castro alla Procura di Milano, Vincenzo Rispoli detiene il ruolo di vertice dell’organizzazione da oltre vent’anni, a testimonianza di quanto emerso nelle famose indagini “Infinito”, “Crimine” e “Bad Boys” che negli anni scorsi hanno scoperchiato un vaso di pandora sulla penetrazione della malavita articolata in Lombardia. 5

Le sue dichiarazioni, oltre a confermare le risultanze della prima parte di inchiesta che aveva portato al suo arresto, si legge nelle carte, hanno permesso di individuare «novità riguardanti sia persone non indagate che reati, in particolar modo omicidi. Le sue dichiarazioni hanno portato all’emissione di misure cautelari nei confronti di vari indagati, tra cui i vertici della locale di Cirò Marina per l’omicidio di Cataldo Aloisio, commesso a San Giorgio su Legnano. il 26 settembre 2008. Il potere di Rispoli, sempre attraverso la lettura di atti giudiziari, si è affermato maggiormente alla morte di Carmelo Novella, il così detto capo della Lombardia, la Locale regionale dell’ndrangheta, assassinato per le sue mire secessioniste. «Dalla lettura delle sentenze», si legge nel documento del Gip di Milano, «si evince come il sodalizio lombardo può essere considerato quale la naturale propaggine di quello cirotano, anche se rimane dotato di ampi margini di autonomia operativa».