Omicidio di Silvio Mannina, tutto da rifare

Colpo di scena in Cassazione: cancellato l’ergastolo allo zio del killer

Dritan Demiraj alla cava di Santarcangelo dove venne trovato il corpo di Silvio Mannina

Dritan Demiraj alla cava di Santarcangelo dove venne trovato il corpo di Silvio Mannina

Castano Primo (Milano), 15 luglio 2018 - Omicidio del castanese Silvio Mannina e della sua ex compagna, Lidia Nusdorfi: processo ancora da rifare per quanto riguarda Sadik Dine, zio del killer Dritan Demiraj. Dopo ore di discussione, i giudici della Cassazione hanno ritenuto opportuno rinviare tutto alla Corte d’Appello, che quindi dovrà effettuare ulteriori valutazioni. Ancora attesa per Simona, la sorella di Mannina, tempo che è come una lama di coltello che scava dentro una ferita non rimarginabile.

La vicenda risale a venerdì 28 febbraio 2014. Silvio Mannina arrivò alla stazione di Rimini da Bologna, dove abitava. Giunto all’appartamento di Dritan, l’uomo sarebbe stato ammanettato e torturato, prima di essere strangolato con un cavo attorno al collo. Il corpo era stato sepolto in una buca scavata alla cava del lago azzurro di Santarcangelo di Romagna, ritrovato dagli inquirenti solo successivamente. Lidia Nusdorfi venne accoltellata il giorno dopo, il 1°marzo, alla stazione di Mozzate, in provincia di Como. La vicenda dello zio del killer è singolare. La sentenza di primo grado, nel marzo 2016, aveva condannato Dine a 5 anni per occultamento di cadavere.

I giudici non avevano infatti ritenuto che ci fossero sufficienti prove per dimostrare che lo zio del killer fosse presente al momento dell’omicidio. Dine si è sempre dichiarato estraneo ai due omicidi. L’uomo ha sostenuto fra le altre cose che la sera dell’omicidio di Mannina solo in un secondo momento sarebbe andato a casa di Demiraj, scoprendo il fatto già avvenuto. Inoltre ha sempre sostenuto di non sapere che il nipote aveva comprato delle manette. Dichiarazioni che sono andate in contrasto con le testimonianze di Monica Sanchi (ex partner del killer) e di un minorenne all’epoca dei fatti (condannato poi dal Tribunale dei Minori a 28 anni di carcere) che era stato ascoltato come testimone durante il processo d’Appello.

Ed è stata proprio la sentenza d’Appello dell’aprile 2017 che aveva ribaltato quella di primo grado, condannando Sadik Dine all’ergastolo e quindi riconoscendo le responsabilità dell’uomo. Per Demiraj era stata pronunciata una sentenza di non luogo a procedere dalla Corte d’Appello di Bologna dopo che era stata accertata la sua incapacità di restare in giudizio. L’uomo era infatti stato aggredito da un detenuto nel carcere di Parma circa un mese dopo la sentenza di primo grado che lo aveva condannato all’ergastolo. Dopo il ricorso da parte di Dine, la Cassazione ha annullato con rinvio alla Corte d’Appello. Resta amareggiata Simona, pur non perdendo la speranza: "Non sarebbe una vittoria nemmeno la condanna più alta, ma almeno mio fratello avrebbe giustizia. Sono passati più di quattro anni e ancora non c’è una fine".