L’appello: "Fate rientrare i medici asintomatici"

Così Antonio Mazzone, primario di medicina interna dell’ospedale di Legnano. Parecchi sanitari assenti per un tampone positivo o in quarantena

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di Giovanni Chiodini

Sono 126 le persone che hanno contratto il Covid ricoverate all’ospedale di Legnano: nove di queste in Terapia intensiva. A loro sono stati riservati quattro reparti, due di Medicina Interna, quello di Infettivologia e il reparto tenda collocato accanto al Pronto soccorso. Negli ospedali dell’Asst Ovest Milanese in questi ultimi giorni i ricoverati sono saliti, complessivamente, a 220. Nei due reparti del Fornaroli di Magenta ci sono 54 pazienti ricoverati mentre nei due per subacuti di Abbiategrasso ci sono altri 40 ricoverati.

Una presenza cospicua, comunque molto inferiore rispetto alle ondate precedenti. Questo permette, ad esempio, di ricoverare in Medicina anche pazienti affetti da altre patologie, ma anche di non sospendere del tutto le altre attività divisionali. "Questo lo scorso anno non si poteva fare, perché non c’erano letti e personale sufficiente" osserva il professor Antonio Mazzone, primario del reparto di Medicina Interna. Oggi rimane però comunque una emergenza ed è quella del numero dei medici e degli infermieri in servizio, inferiore a quanto sarebbe previsto. Assenze dovute a turnazioni ma anche a malattie. Parecchi di loro non sono in servizio dopo l’esito di un tampone positivo, e molti sono in quarantena per essere stati in contatto con persone contagiate. Un calo di personale che, per garantire l’assistenza ai malati ricoverati, obbliga la direzione sanitaria ad adottare una riduzione di servizi, come ad esempio sta accadendo a Legnano per quanto riguarda le prestazioni ambulatoriali, e nello specifico quelle che maggiormente possono essere rimandate nel tempo. "In situazioni di grave sofferenza si dovrebbero prendere delle decisioni conseguenti. In Australia, ad esempio, - afferma Mazzone - il personale medico e infermieristico che è a casa per la quarantena ma che è asintomatico, può lo stesso recarsi al lavoro in ospedale prestando servizi nei reparti Covid. Purtroppo, lo sappiamo, da noi, in Italia, certe soluzioni logiche non sempre si riescono a cogliere prontamente. Magari fra qualche mese lo si potrà fare ma per allora l’emergenza sarà solo un ricordo". Per il sanitario legnanese solo a fine gennaio, o nei primi quindici giorni di febbraio, si dovrebbe osservare un calo nel numero dei contagi e, conseguentemente, una riduzione dei ricoverati nelle strutture ospedaliere.

"La situazione ci è sfuggita di mano. Senza la possibilità di fare dei tracciamenti è inutile continuare a fare così tanti tamponi. Andrebbero fatti solo alle persone che hanno dei sintomi, come la febbre. La malattia si sta difatti evolvendo in una forma poco patologica che si può curare e che non crea allarme sanitario. E tutto questo - afferma Mazzone - per merito dei vaccini, che ci hanno salvati da una vera e propria strage". Anche a Legnano si è iniziato a curare i pazienti con il Molnupiravir, l’antivirale che può ridurre la capacità del coronavirus di moltiplicarsi nel corpo, prevenendo il ricovero o un aggravamento nei pazienti contagiati. "Il Molnupiravir non è un’alternativa al vaccino" osserva Mazzone. "I medici di Malattie infettive lo stanno somministrando solo a fronte di alcune condizioni". Il farmaco lo si assume a domicilio e un ciclo di cura dura 5 giorni, durante i quali verranno assunte dal paziente 40 capsule.