Parabiago piange Franco Borghi

Il ricordo dell'ex sindaco di Parabiago, nato nel 1951 e scomparso recentemente

Franco Borghi

Franco Borghi

Parabiago (Milano), 16 gennaio 2019 - Ermanno (Erma). Benedetto (Detto). Ennio "buragia". Massimo "prosciutto". Ettore. Gianfranco "civetta". Manca qualcuno. La maestra Garbagnati lancia una occhiata alla lunga bacchetta dietro la lavagna, quella che non userà mai. Il maestro Cattaneo aggrotta la fronte in una ragnatela di rughe e sfila dal pacchetto la prima delle sue infinite sigarette. Ma no. La porta si apre. E' arrivato anche Franco. Corre a prendere posto. Attende l'intervallo per iniziare la sua prima campagna elettorale, quella per diventare o essere confermato presidente del Milan Club della nostra classe delle elementari, contrastato con alterna fortuna da chi scrive.

Classe 1951. La prima generazione che non si è trovata la guerra in casa. Siamo nati con l'alluvione del Polesine e il Festival di Sanremo. La vecchia media, quella del latino di "rosa-rosae" oppure la scuola di avviamento professionale. L'epoca d'oro del boom. Troppo giovani per il '68. Investiti in pieno dagli anni di piombo. E poi crescere, lavorare decidere, perpetuarsi, quelli che l'hanno voluto e ci sono riusciti, in questa Italia sempre più difficile eppure straordinaria.

Noi, ragazzi del '51 a Parabiago. Il tempo di muovere i primi passi e subito i genitori a inculcare, con l'esempio, la religione del "lavurà". Calci a palloni pesanti come zucche nei campetti brulli della periferia. La bicicletta, compagna fedele, al Massimo il motorino o per i più fortunati la Vespa. Bagni nella "rongia" del Canale Villoresi. L'oratorio con don Ampelio. Il ticchettio di legioni di calzolai a fare da colonna sonora alle giornate. Mondo piccolo e dissolto ma incastonato nell'album dei ricordi, tenuto insieme dal mastice della nostalgia che per una volta non si dimostra canaglia. Neppure quanto ti obbliga a contare delle croci, tante.

Ciao, Franco Dove sei ora hai già ritrovato tanti amici.