Piene devastanti, il Ticino torna a fare paura

Luoghi storici e attività sulle sponde del fiume sono sempre più a rischio

Le sponde pericolanti del fiume Ticino

Le sponde pericolanti del fiume Ticino

Abbiategrasso (Milano), 16 febbraio 2019 - Ettari di bosco e opere dell’uomo a rischio. Da ormai diversi anni il Ticino è un fucile puntato contro le sponde magentine e abbiatensi. E le piene sono colpi, che a seconda della forza divorano pezzi di territorio. Tra le cause ci sono le modifiche apportate dall’uomo al fiume, prima fra tutte la prismata realizzata diversi anni fa dal Comune di Cerano, con i soldi della Regione Piemonte. Opera sulla quale il Parco del Ticino diede a suo tempo parere negativo e presentò anche un ricorso. Qui la corrente sbatte, indirizzandosi contro le due aree a monte e a valle del Canale Scolmatore di Abbiategrasso (Csno). Per fare un esempio recente, la piena dello scorso novembre ha causato il cedimento della difesa spondale a valle del canale. Un’opera terminata a settembre e costata circa 250mila euro. Ogni piena autunnale, insomma, rappresenta un potenziale pericolo per boschi e tenute.

L’ennesimo allarme sui rischi di questa situazione (qualche anno fa fu organizzata una raccolta di firme) è stato lanciato da Legambiente - Terre di Parchi e dai proprietari dei terreni interessati. In particolare Giorgio Sartori, che possiede la «Ca’ di Biss» a sud del Csno: «A novembre il danno sulla prismata è stato di una quindicina di metri, ma se verrà lasciato com’è oggi i rischi di allagamento sono alti». In caso di piena violenta, i danni per Sartori sarebbero enormi: «Mi porterebbe via la casa e 200 ettari di bosco di querce. Oltre a tagliare fuori la colonia Enrichetta. Qui la fascia verde è molto stretta, in alcuni punti è praticamente scomparsa. Se si permette al fiume di portarla via del tutto ci vorranno altri cento anni per far ricrescere il bosco e il corridoio ecologico».

Mentre a nord, nel territorio di Magenta, è la tenuta Salvaraja a fare i conti con le opere realizzate dall’uomo in maniera indiscriminata. Dagli anni ’80 a oggi, il fiume ha eroso oltre 40 ettari di splendido bosco e oggi si trova a soli 3 metri dalla strada che porta a Villa Alessio. A suo tempo, la proprietaria Rossella Cominotti aveva segnalato ad Aipo (Agenzia Interregionale per il Fiume Po) il problema, arrivando perfino a rivolgersi a un legale. «Qualche anno fa i tecnici erano usciti senza avvisarmi e avevano sbagliato il punto del sopralluogo - racconta Cominotti -. Da allora non ho più saputo nulla».

Eppure, ad oggi, pare che non esistano le condizioni per intervenire su queste problematiche. Interpellato in merito, l’assessorato al Territorio di Regione Lombardia ha spiegato che le aree a sud del Csno sono «golenali», quindi è previsto che si allaghino per offrire una valvola di sfogo al Ticino. «Non sono quindi possibili né ipotizzabili opere di arginatura vera e propria» spiegano dalla Regione. Escludendo così la possibilità di modificare il flusso del fiume per evitare che batta sulle zone a rischio. «Siamo a conoscenza del problema - ammette il direttore del Parco Ticino, Claudio Peja -. Ma si tende sempre a usare i soldi per finanziare gli interventi d’urgenza invece degli studi. Mentre oggi servirebbe un’analisi complessiva delle cause».