Legnano, inchiesta Piazza Pulita: Maurizio Cozzi resta in carcere

Confermate le misure cautelari anche per Fratus e Lazzarini

Il sindaco Gianbattista Fratus, il suo vice Maurizio Cozzi e l'assessore Chiara Lazzarini

Il sindaco Gianbattista Fratus, il suo vice Maurizio Cozzi e l'assessore Chiara Lazzarini

Legnano (Milano), 24 maggio 2019 - C'era già stato il parere negativo del pubblico ministero titolare dell’inchiesta “Piazza Pulita”, Nadia Calcaterra. Poche le speranze, quindi, che il giudice per le indagini preliminari andasse in direzione contraria. E così è stato: ieri nel tardo pomeriggio il gip del tribunale di Busto Arsizio Piera Bossi ha rigettato le istanze di scarcerazione presentate dagli avvocati difensori di Gianbattista Fratus e Maurizio Cozzi, rispettivamente sindaco e vicesindaco dimissionari di Legnano, arrestati giovedì scorso insieme all’assessore Chiara Lazzarini, per corruzione e turbativa d’asta.

«Presenteremo ricorso al Tribunale del riesame», ha dichiarato Giacomo Cozzi, avvocato dell’ex vicesindaco che è in carcere mentre gli altri due indagati sono ai domicliari. Lazzarini, tramite il suo legale Enrico De Castiglioni, ha invece ritenuto di non presentare alcuna istanza dal giorno dell’arresto. Dopo le sei ore di interrogatorio di Maurizio Cozzi mercoledì, anche il sindaco Fratus è stato ascoltato in Procura per un ulteriore confronto fiume con il pm Calcaterra, che è durato fino a ieri sera. Gli argomenti presi in esame le contestazioni mosse dagli inquirenti al sindaco, il quale oltre a corruzione e turbativa d’asta per le nomine insieme agli altri due principali indagati, deve rispondere anche di corruzione elettorale per i voti ricevuti al ballottaggio da Luciano Guidi, in cambio di un posto per la figlia nel Cda di una partecipata. Non è escluso che anche a lui siano stati chiesti i contenuti delle telefonate con i vertici di partito nei giorni della crisi di giunta a fine marzo, oggetto di nuovi accertamenti da parte dei magistrati.

La strategia difensiva sia di Cozzi sia di Fratus è sostanzialmente basata sulla tesi che entrambi – nell’effettuare le nomine, illecite perché avvenute non tramite regolari bandi di concorso, all’interno delle società partecipate dal Comune – avrebbero agito solo per il «bene della città», senza quindi nessun tornaconto personale. Ora la questione passa nelle mani del tribunale del Riesame di Milano, che entro una decina di giorni (o anche meno) potrà confermare o annullare i provvedimenti restrittivi nei confronti dei due principali indagati.