Legnano, la denuncia: "Ho il Covid, ma sono abbandonato"

Matteo Nuvoloni è stato dimesso dall’ospedale e ora vive la quarantena a casa con compagna e figlio

Matteo Nuvoloni con la compagna e il figlio

Matteo Nuvoloni con la compagna e il figlio

Legnano (Milano), 3 aprile 2020 - Un’emergenza che sino a poche settimane fa sembrava lontana, ma che con il passare del tempo si è rivelata sempre più vicina. Quella dei contagi da Sars-cov2, il virus che è causa della malattia del Covid-19, è ormai diventata una piaga che sta affliggendo anche il territorio legnanese. Una piaga che ha costretto e sta costringendo molte persone a fare i conti con la malattia.

Fra queste emerge la testimonianza anche di Matteo Nuvoloni, novarese ma legnanese di adozione visto che si trova spesso in questo territorio per il suo lavoro di agente di commercio. "A metà del mese di febbraio ricordo perfettamente che anche mio figlio, insieme a tanti altri bambini, ha avuto febbre alta e tosse. Una tosse così debilitante da dover passare il suo compleanno seduto su una sedia avvinghiato a me. Per lui davvero una grande eccezione, visto che si tratta di un bambino iperattivo". Matteo ricorda bene il periodo anche a scuola: "La classe di mio figlio è formata da venti bambini, in alcuni giorni in quel periodo erano soltanto in cinque ad andare a lezione. Gli altri erano tutti a casa per malattia. Ci avevano detto che si trattava di influenza". Sono in molti a ricordare il periodo in asili e scuole, con centinaia di bambini del Legnanese interessati dal contagio di quella che poteva essere realmente influenza o forse altro.

«Agli inizi di marzo parte la corsa contro il coronavirus ed esce l’emergenza - continua a raccontare Matteo -. Per lavoro incontro decine di persone al giorno, soprattutto nei bar e nei locali che erano comunque aperti, cerco comunque di tenere le distanze, ma il 9 marzo mi ammalo. Inizio ad avvertire febbre e dolori a petto e schiena, tanto da dover rimanere a letto senza avere la possibilità di alzarmi". Dolori che iniziano a farsi insopportabili e così, preoccupato per il proprio stato fisico, Matteo chiama i soccorsi: "Alla sera, alla seconda chiamata al 112, decidono di venirmi a prendere con l’ambulanza. Ero preoccupato anche perché soffro di asma". Matteo rimane in ospedale una settimana, non in terapia intensiva: "Essendo giovane, sano e non fumatore mi sono ripreso in fretta. Dopo una settimana di ospedale mi mandano a casa. Per fortuna abbiamo più stanze e due bagni, per cui è piuttosto semplice tenere le distanze da compagna e figlio".

Ma da allora il sistema sanitario nazionale si dimentica completamente di Matteo. "Abbiamo dovuto telefonare noi, perché si erano completamente dimenticati di me. Avevano chiamato giornalmente la mia compagna, la quale ha insistito per essere sottoposta a un tampone, per uscire e poter fare la spesa senza pericoli per gli altri, una volta finita la sua quarantena". I giorni passano e lunedì i medici si recano a casa sua per sottoporre l’uomo ad un ulteriore tampone. "Vengo dichiarato ancora positivo al Sars-cov2, mentre la mia compagna è libera di far la spesa, ma non viene più controllata". Adesso Matteo risulta positivo e deve rimanere in casa altri 10 o 12 giorni, dopodiché verranno fatti altri tamponi per capire se si sarà finalmente liberato del virus. Per essere dichiarato guarito devono risultare due tamponi negativi consecutivi. Intanto, quindi, l’uomo e la sua famiglia dovranno attendere rimanendo il più possibile a casa.