Parabiago, chiude il laboratorio analisi delle acque: appello dei dipendenti

"Disposti a cambiare lavoro ma non spostateci a Città Studi"

Non pare ci siano speranze di salvare il centro di ricerca

Non pare ci siano speranze di salvare il centro di ricerca

Parabiago, 12 novembre 2018 - Con il destino del laboratorio di analisi delle acque parabiaghese ormai segnato – sulla decisione, annunciata questa estate, di chiudere la struttura decentrata di via Spagliardi e trasferire tecnici e dipendenti a Milano non ci saranno ripensamenti – i lavoratori del centro di ricerca legato all’Ats, l’ex Asl, si sono dati ora come obiettivo quello di strappare un compromesso ed essere ricollocati nelle strutture sanitarie vicine. Altre mansioni quindi, altri dipartimenti e uffici. Ma con la garanzia almeno di poter continuare a lavorare nell’Alto Milanese, dove più o meno tutti vivono, e scongiurare così un futuro da pendolari obbligati a raggiungere ogni giorno la sede centrale del laboratorio a Città Studi.

È questa la “linea del Piave” che si sta delineando per salvare il salvabile di un centro d’avanguardia nel controllo e nella prevenzione di epidemie legate alle reti idriche (come quella di Legionella scoppiata tra fine luglio e agosto a Bresso), nato negli anni Novanta e che da allora presidia un territorio che abbraccia il Milanese e l’intera provincia di Pavia. Tecnicamente si chiama “mobilità”, ma a differenza di quanto succede nel settore privato non comporta alcun licenziamento.

«Siamo ancora in una fase preliminare, di confronto con i vertici, a cominciare dal direttore generale e da quello amministrativo al quale abbiamo chiesto un incontro – avverte il segretario della Cgil Ticino-Olona Jorge Torre – ma se da parte loro ci fosse una piena disponibilità, una sorta di nulla osta preventivo ad affrontare il tema della ricollocazione di tutti i 17 tecnici parabiaghesi in altri ambiti dell’Ats ma sempre dell’Ovest Milano, allora su questo si può avviare una trattativa interna. Ciò che non possiamo accettare invece è che questo territorio subisca un ulteriore impoverimento di personale sanitario qualificato e uno svuotamento di servizi. Non è possibile concentrare tutto nel capoluogo con la spiegazione che ciò garantisce una maggiore efficienza e risparmio». Sono stati in effetti questi i due parametri, soprattutto il primo – quello di una “maggiore efficienza” – a spingere l’Ats a decretare la morte del laboratorio. Giustificazioni che non hanno però mai convinto il personale dipendente.

Proteste e prese di posizione sindacali, a ottobre, non sono servite a far retrocedere i due principali decisori della chiusura: il direttore generale dell’Ats, Marco Bosio, e quello del laboratorio centrale di via Juvara a Milano, Sonia Vitaliti. E non sono servite nemmeno la mobilitazione dei sindaci, a cominciare ovviamente da quello di Parabiago Raffaele Cucchi (Lega) affiancato poi dal collega legnanese Fratus, e due interrogazioni in Consiglio regionale. Il trasloco dei primi macchinari è già stato messo in atto nelle scorse settimane.

Il conto alla rovescia è cominciato. «Credo che intendano chiudere questa partita per la fine di novembre – ammette Torre – ci restano perciò una decina di giorni al massimo per avere le risposte che chiediamo». Parabiago ha già dovuto subire un anno fa lo smantellamento del reparto “Pipss” che si occupava della programmazione e della prestazione dei servizi sociosanitari, e il conseguente trasferimento di trenta funzionari a Rho. Nel 2019 a chi toccherà?