Cerro Maggiore, sorelle morte in incendio:"Non ho ucciso, ma non ho soldi per dimostrarlo"

In cella per aver dato fuoco alla casa delle sorelle Giuseppe Agrati scrive: "Conto sequestrato, non posso pagare i periti"

La casa di via Roma a Cerro Maggiore, dove nel 2015 morirono due sorelle

La casa di via Roma a Cerro Maggiore, dove nel 2015 morirono due sorelle

Cerro Maggiore (Milano), 29 ottobre 2020 - Non colpevole fino a prova contraria, ma con il patrimonio sequestrato e quindi senza la possibilità di difendersi in modo efficace. È la denuncia di Giuseppe Agrati, 70 anni, in carcere con l’accusa di aver appiccato il rogo che ha distrutto parte della sua abitazione di Cerro Maggiore, nella primavera del 2015, uccidendo le sue due sorelle, Maria e Carla. L’uomo, a processo con l’accusa di omicidio volontario, ha scritto una lettera per raccontare la sua situazione. "Sono in detenzione preventiva dal 9 novembre 2019 e non posso difendermi perché lo Stato mi ha già condannato a priori, senza un giusto processo", inizia la sua missiva, riferendosi alla decisione del Giudice civile di sequestrare il suo patrimonio su richiesta di un nipote, proprio perché derivante in gran parte dall’eredità delle due vittime, decisione che gli impedirebbe di difendersi a processo.

«Al dramma della vita carceraria che alla mia età rappresenta già un’esperienza terribile – prosegue la lettera – si aggiunge quello di non potermi difendere dalla falsa ricostruzione degli eventi proposta dall’accusa". Infatti, dieci giorni dopo il suo arresto, suo nipote "ha chiesto il sequestro di tutti il mio patrimonio per evitare che io potessi utilizzare i mie averi per affrontare le spese di difesa e a nulla sono valsi gli appelli fatti dai miei avvocati in tutte le sedi per rimuovere questo ingiusto ostacolo", a causa del quale, secondo Agrati "dopo un anno mi trovo in carcere, senza avere avuto la possibilità di incaricare un ingegnere forense esperto in materia di incendi che spiegasse esattamente al giudice la ricostruzione veritiera dell’accaduto, anche perché l’accusa non ha prodotto prove".

Gli avvocati di Agrati, Desirè Pagani e Giuseppe Lauria, nell’ultima udienza hanno ribadito al magistrato l’impossibilità del loro assistito di difendersi e lo stesso pm avrebbe concordato con questa visione, affermano i legali. Il giudice, sempre secondo gli avvocati, avrebbe risposto loro di ricorrere in sede civile. La lettera del 70 enne poi corre con i ricordi ai momenti più drammatici: "Quella data ha segnato la mia esistenza, quella tragica notte mentre dormivo è divampato un incendio e le mie sorelle sono morte nella sciagura. Io sono stato l’unico sopravvissuto alla tragedia e questa è stata la mia colpa". Secondo l’accusa, proprio per dissapori in merito al patrimonio familiare, Agrati avrebbe appiccato il rogo nella sua abitazione mentre una sorella dormiva e l’altra era in bagno, trasformandola in una trappola mortale dalla quale solo lui sarebbe riuscito a sfuggire. Inizialmente archiviato come incidente, il caso è stato riaperto fino all’incriminazione del 70enne. "Quella era la mia casa e lì c’era il mio nucleo familiare, dopo questo evento tutto è scomparso! La difesa e dunque la possibilità di difendersi è un diritto garantito dalla Costituzione, ma evidentemente non per me", ha concluso Agrati, "ribadisco la mia innocenza. Voglio rendere nota questa grave ingiustizia".