Abbiategrasso, lo chef Carlo Cracco è andato via. Le cucine no

Le sale dell'ex convento dell'Annunciata ancora occupate dalle attrezzature

 Carlo Cracco nelle sale dell’Annunciata

Carlo Cracco nelle sale dell’Annunciata

Abbiategrasso (Milano), 12 febbraio 2018 - Cracco sì, Cracco no. È sempre il celebre chef a tenere banco nella Città del Leone, anche quando se ne va. Già, perché nonostante l’associazione Maestro Martino abbia lasciato le tre sale dell’Annunciata messe a disposizione dalla passata amministrazione, le cucine dove tanti giovani chef hanno prodotto ogni genere di leccornia sono ancora lì, nell’ex convento, anche se i fuochi sono spenti e i cartonati di Cracco spariti.

La convenzione tra la Maestro Martino e il Comune, infatti, è scaduta a ottobre. L’associazione non ha mai nascosto la volontà di tornare ad Abbiategrasso per altre iniziative golose ma per ora l’amministrazione Nai ha tentennato, decisa a dare una svolta nelle modalità di gestione dell’ex convento, che costa ai contribuenti circa 200mila euro l’anno in manutenzione e utenze (Cracco pagava mille euro al mese d’affitto).

Per questo il gruppo Cambiamo Abbiategrasso ha sollevato la questione in consiglio comunale, chiedendo con una mozione di «rientrare in pieno possesso» delle sale e di avviare un percorso partecipato per decidere cosa fare dell’Annunciata. «Siamo già nel pieno possesso delle sale - ha detto il sindaco Cesare Nai –. Faremo pagare un canone di deposito alla Maestro Martino per la cucina. Il futuro dell’ex convento? Ci stiamo lavorando; certo è che dovrà essere sostenibile per la città. In tempi brevi definiremo il destino di alcune parti, attraverso un bando pubblico. L’aula principale resterà a disposizione della cittadinanza».

La mozione delle Coccinelle è stata bocciata. Ma una crepa si è aperta in maggioranza: il consigliere Flavio Lovati ha votato con l’opposizione. Giuseppe Serra di Forza Italia, invece, si è astenuto, come il Pd. Con Cambiamo Abbiategrasso si sono schierati il M5S e la civica Ricominciamo Insieme, per nulla convinti che si possa definire le sale occupate dalle cucine, inutilizzabili, «in pieno possesso».