Capostazione drogava il caffè del collega per vendetta: condanna confermata

La donna voleva punire un collega più giovane che, a suo dire, cercava di comandarla e di metterla in cattiva luce con utenti e azienda

La stazione ferroviaria di Castano Primo

La stazione ferroviaria di Castano Primo

Castano Primo (Milano), 7 marzo 2018 - La Corte di Cassazione ha confermato a due anni e sette mesi la condanna all’ex capostazione di Castano, già licenziata da Ferrovie Nord. La donna, M.G.O. 51 anni, originaria di Cuggiono, era già stata condannata nei primi due gradi di giudizio per avere versato medicinali nel caffè di un collega più giovane, colpevole ai suoi occhi di volerla comandare e di metterla in cattiva luce con gli utenti e, soprattutto, con l’azienda, complici alcune lettere di segnalazione inviate ai vertici milanesi di piazza Cadorna. I fatti risalgono all’estate del 2009, quando l’uomo aveva manifestato sintomi di continua sonnolenza che i medici non si sapevano spiegare.

Aveva dovuto mettersi per quattro mesi in malattia senza contare lo stress crescente e l’uso di tranquillanti che ne limitavano l’attenzione sul posto di lavoro. La vicenda venne alla luce quando una terza persona segnalò all’uomo di aver visto la capostazione «trafficare» nel suo armadietto. E difatti dall’armadietto erano scomparse alcune compresse dello psicofarmaco che l’uomo stava usando in quel periodo. Da qui la denuncia alla Polfer, la Polizia ferroviaria, che dispose l’analisi delle sostanze: emerse così che nello zucchero usato per dolcificare il caffè in stazione c’erano quantità rilevanti di Risperdal, medicinale indicato per il trattamento della schizofrenia e dell’aggressività nei pazienti con demenza di Alzheimer. Mescolare questo principio attivo allo zucchero è stato definito quale chiaro intendimento di intossicare la persona che l’avrebbe assunto.