Besnate, dal sogno Campus ai domiciliari: imprenditore arrestato per bancarotta fraudolenta

Fallimento della Noka srl con passivo accertato di circa 2,8 milioni, scatta il provvedimento restrittivo. Nell’indagine avviata dalla Guardia di Finanza coinvolto anche il socio olandese del varesino

Guardia di finanza

Guardia di finanza

Arrestato per bancarotta fraudolenta un imprenditore residente a Besnate in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio su richiesta della Procura bustocca. L’attività investigativa condotta dagli uomini della Guardia di Finanza ha portato all’arresto di Stefano Perboni, 63 anni, nel 2020 con la Noka Service nell’associazione temporanea di imprese che si erano fatte avanti per realizzare il mega Campus dello sport nel rione di Beata Giuliana a Busto Arsizio (investimento da 22 milioni di euro poi salito a 43 milioni di euro), presentato in pompa magna ma mai decollato, progetto peraltro non toccato dall’indagine.

Nell’inchiesta che ha preso avvio dal fallimento della Noka srl decretato nel 2019 dal Tribunale di Busto coinvolto anche il socio olandese di Perboni, indagato a piede libero. Il piano fraudolento sarebbe cominciato nel 2017 quando l’azienda attiva nella realizzazione e commercializzazione di progetti in campo energetico con sede a Besnate, avrebbe incontrato le prime difficoltà economiche, nel 2019 il fallimento, con un passivo accertato dal curatore fallimentare pari a circa 2,8 milioni di euro nella maggior parte per debiti con l’Erario (pari a 1,8 milioni).

Tra le molteplici operazioni che hanno portato al depauperamento del patrimonio della società poi dichiarata fallita, le Fiamme Gialle hanno individuato la vendita di un brevetto relativo a "lampade fotovoltaiche e contratto di licenza relativa ad una c.d. nanotecnologia", che sono stati ceduti, in periodo di massima decozione, ad un’altra società riconducibile agli stessi indagati senza incassare il relativo corrispettivo pattuito per oltre 500mila euro.

Gli uomini delle Fiamme Gialle hanno eseguito numerose perquisizioni nelle imprese riconducibili ai due indagati la cui condotta amministrativa è stata, peraltro, ritenuta dal giudice talmente spregiudicata e predatoria che entrambi non si sono limitati a causare il fallimento della realtà economica da loro amministrata, ad un mero livello civilistico – commerciale, ma hanno posto in essere gravissimi fatti criminosi, a vario titolo inquadrabili nelle fattispecie delittuose di cui alla legge fallimentare. Per la Finanza, contrastare la commissione di reati fallimentari, significa impedire l’arricchimento indebito di quanti distraggono gli asset sani da una società in decozione a proprio vantaggio e a danno dei creditori delle società, tra i quali anche l’Erario.