Inveruno (Milano), 5 febbraio 2014 - Una vita spericolata quella di Antonino Cutrì. Di quelle che non si sa mai. Piena di guai fin da quando era un ragazzino. A 18 anni il primo fatto di cronaca che lo vide protagonista. A rincorrere lui e un suo amico, Valentino Morello, fin dentro all’oratorio San Luigi, un camionista residente a Casorezzo in preda ad un raptus di rabbia: l’uomo era esasperato da quel loro continuo fare da bulletti di paese e perse la ragione dopo alcuni commenti poco gentili nei confronti della moglie. Era il luglio del 2002 e l’uomo decise di vendicarsi sparando alcuni colpi di pistola nel cortile, ferendo a una spalla il Morello. Antonino ne uscì illeso per un soffio.

Ma quella vicenda fu solo uno dei tanti episodi di una vita esagerata. Di quelle vite fatte così: «Se a scuola, in una bar o in piazza c’era qualcuno che si picchiava, stai certo che lì in mezzo c’era anche lui — raccontava ieri la gente —. Non era cattivo, ma gli piaceva fare lo sbruffone. Sghignazzava sempre. E non si tirava mai indietro, anche con quelli più grandi e piu grossi di lui». Frequentava le scuole medie San Girolamo Emiliani di Corbetta, quella dei Padri Somaschi, quando picchiò in classe un professore: non voleva essere interrogato e così gli sferrò un pugno al volto. Era come se fosse sempre alla ricerca di qualche scintilla per manifestare la sua voglia di ribellione. Alla fine fu espulso e dovette cambiare istituto. Una vita, la sua, di quelle “chi se ne frega di tutto sì».

Era ancora minorenne quando iniziò a spacciare droga. E dovette scontare in carcere una condanna per detenzione di armi. “La madre - raccontano alcuni vicini che abitano nella stessa palazzina di famiglia, al 12 di via Leopardi dove il padre ha l’obbligo di soggiorno - ha sempre cercato di portarlo sulla dritta via, ma inutilmente. Lui era fatto così. Impossibile contenerlo. Non aveva paura di niente e di nessuno».

Solo la sorella Laura, di vent’anni e alla quale lui era molto legato, riusciva a volte a farlo ragionare. «È una ragazza bravissima, senza grilli per la testa”. Ma evidentemente neanche lei è riuscita a farlo desistere da quel suo ultimo gesto di follia criminale: liberare il fratello dal carcere. Una fine, quella di Antonino, davvero come quella dei film.

«Dei due fratelli, quello che sembrava tranquillo, che non avresti pensato che avrebbe potuto prendere una brutta strada, era proprio Domenico», confessa una donna che vive poco lontano dall’abitazione dei Cutrì e che l’aveva conosciuto quando il ragazzo partecipava alle gite e alle escursioni organizzate dall’oratorio. Una famiglia tutto sommato conosciuta in paese. Anche e soprattutto per l’esuberanza, per usare un eufemismo, dei fratelli. Ma non al punto d’essere nota al Comune o ai suoi servizi sociali. «I Cutrì? Una famiglia che conduceva una vita piuttosto isolata dalla comunità — ammette il sindaco Maria Grazia Crotti —. Non erano conosciuti dal Comune. Nondimeno quello che è accaduto ci ha colpito moltissimo. Vedere il nome di Inveruno finire su tutti i giornali e sui tg per fatti del genere non può farci certo piacere».

di Davide Gervasi

(Ha collaborato Ivan Albarelli)