Abbiategrasso, 11 ottobre 2013 - «Mivar ormai è finita». Carlo Vichi è seduto alla scrivania nel reparto in cui ha radunato le ultime due linee produttive, magazzino, centro assistenza tecnica e una carpenteria in cui costruisce nuovi tavoli ergonomici ideati da lui stesso. Alla sua sinistra campeggia su un armadietto la foto del suo idolo di sempre: Benito Mussolini. Sulla scrivania l’ultima passione: un libro di Weinberg sulla nascita dell’universo e un libro di astronomia.

Quasi come un condottiero alla fine di una battaglia campale, il padre padrone dell’azienda di via Dante pronuncia con pacatezza quelle parole che nessuno avrebbe mai voluto udire: «Mivar non esiste più». La produzione dei televisori cesserà presto, alla fine di novembre. Al massimo a dicembre.

«Tutto finirà quando avremo esaurito i rifornimenti di componenti. Allora in fabbrica rimarranno alcuni dipendenti impiegati nell’assistenza tecnica e nella manutenzione della fabbrica. In tutto 7 o 8 persone. Gli altri andranno in mobilità». Anche adesso, a 90 anni, negli occhi di Vichi si legge la fierezza di un imprenditore che ha saputo creare dal nulla uno dei miti del made in Italy. Negli anni d’oro per il marchio Mivar lavoravano circa 700 dipendenti e le linee di produzione sfornavano quasi un milione di televisori l’anno. Un record che permetteva a Mivar di contendere il mercato italiano del tv color a colossi come Sony, Philips e Grundig. Ora nell’ultimo fortino in cui Vichi ha radunato i pochi operai rimasti troneggiano pile di televisori invenduti: almeno 26mila.

«Ho resistito finché ne ho avuta la forza. Sempre pagando di tasca mia e senza fare debiti con nessuno. Dal 2000 a oggi ho speso 100 milioni di euro per tenere in vita l’azienda. Non mi pento di nulla. È stato giusto così». Vichi, che ha iniziato la sua attività a Milano costruendo apparecchi radio nella camera da letto che divideva con sua moglie, lascia due grandi fabbriche: la sede attuale e un complesso industriale all’avanguardia completato nel 2000. Non è mai entrato in funzione. «È un complesso industriale unico al mondo, in futuro saranno tutti così», dice con orgoglio Vichi. Che a 90 anni vuole continuare a lavorare: «Per chi ha capito cos’è la vita, la vacanza è una divagazione pericolosa».

Così ha messo in piedi un piccolo reparto in cui vengono prodotti i suoi nuovi tavoli ergonomici. Entreranno mai in produzione? «Mivar cambierà di significato. Non più Milano Vichi Apparecchi Radio, ma Milano Vichi Arredamenti Razionali. Le piace?». Alla nuova passione per i mobili, che non usciranno dal perimetro della Mivar, Vichi ha affiancato lo studio della fisica, dell’astronomia. E della vita nell’aldilà: «Di noi rimarrà solo lo spirito e riusciremo a riconoscerci l’un l’altro per tutto quello che abbiamo fatto in vita. Così conoscerò anche Hitler».
michele.azzimonti@ilgiorno.net