Sedriano, 9 ottobre 2013 - La vincenda giudiziaria che vede imputato il sindaco Alfredo Celeste registra quest’oggi un’altra tappa: la sezione Misure Prevenzione del Tribunale dovrà decidere in merito alla proposta formulata dall’ufficio del Procuratore della Repubblica Ilda Boccassini per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale nei confronti dello stesso Celeste, ritenuto “persona socialmente pericolosa”.

In pratica i pm della Dda (Direzione distrettuale antimafia) contestano, con questa richiesta, il provvedimento che era stato assunto dal Gip quando, alla scadenza della misura cautelare degli arresti domiciliari (tre mesi) aveva rimesso praticamente in libertà lo stesso Celeste senza alcun’altra limitazione della libertà personale.

Il Gip, dichiarando la perdita di efficaia della misura cautelare degli arresti domiciliari applicata al Celeste, aveva tra l’altro evidenziato che «il tempo e il corretto comportamento tenuto dall’indagato nel periodo di restrizione agli arresti domiciliari, inducono a non ravvisare la permanenza di concrete esigenze cautelari» o l’applicazione di misure alternative quali «la meno gravosa misura dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria», in pratica l’obbligo di firma ad un’ora precisa del giorno in una stazione dei carabinieri.

Nella richiesta che oggi verrà esaminata, l’ufficio della Procura non aggiunge nient’altro alle accuse originali e specifica solo che a Sedriano è stata mandata una commissione prefettizia. Celeste, contrariamente a quanto prevede il Codice per questi tipi di procedimenti, ha chiesto che l’udienza non sia a porte chiuse ma che alla stessa possa partecipare anche il pubblico, giornalisti e televisioni, ritenendo di non avere nulla da nascondere e di poter dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati.

Preliminarmente i suoi legali presenteranno istanza per riconoscere l’inammissibilità della richiesta del pubblico ministero formulata al Tribunale, chiedendo che il giudice riconosca l’errore che la “corruzione aggravata” ribadita dal pm come motivo della richiesta, non è mai stata imputata al Celeste ma solo agli altri indagati.

La Commissione d’indagine della Prefettura, che per sei mesi ha indagato sui conti e sui documenti del Comune, ha concluso proprio ieri la sua attività, riconsegnando al sindaco le chiavi del Municipio. La relazione stilata dalla Commissione d’indagine è stata trasmessa al Ministero dell’Interno che, solo nel caso in cui ravviserà atti concreti e tangibili di infiltrazioni mafiose, potrà sciogliere anzitempo l’amministrazione in carica.

di Giovanni Chiodini