Abbiategrasso, 23 marzo 2011- Era tutto già previsto, ma la speranza di ottenere altra cassa integrazione era ancora viva. Almeno fino a ieri, quando sono state consegnate le prime lettere di licenziamento. Dal primo giorno di aprile 225 dipendenti Mivar saranno collocati in mobilità. Il licenziamento è arrivato dopo almeno 6 anni di lenta agonia, caratterizzata da lunghi periodi di cassa integrazione ordinaria e straordinaria, fino alle ultime proroghe della cassa in deroga concessa dalla Regione Lombardia.

Secondo un calcolo prudenziale, gli ammortizzatori sociali sono costati allo Stato dai 22 ai 24 milioni di euro. Impossibile evitare i licenziamenti, visto che l’azienda di via Dante non è riuscita a rilanciare marchio e prodotti su un mercato ormai dominato da colossi stranieri del calibro di Lg, Sony e Samsung. Risultato: Mivar si trova da anni in serie difficoltà e solo la volontà e i soldi del suo fondatore, Carlo Vichi, la tengono tuttora in vita. «Il bilancio 2010 che ci ha presentato la stessa azienda parla da sé - dicono Fabio Fasani e Giuseppe Viganò, rispettivamente responsabile di zona di Fiom Cgil e segretario generale Fim Cisl del comprensorio legnanese -. I conti sono da brivido. L’anno scorso Mivar ha registrato un fatturato di dieci milioni e mezzo di euro, ma le perdite si sono attestate a quota cinque milioni e mezzo. A peggiorare ulteriormente la situazione c’è il fatto che l’azienda ha speso 11 milioni per acquistare i prodotti dai fornitori».

Si tratta di una situazione ormai insostenibile per un’azienda come Mivar, che non è riuscita o non ha voluto sviluppare a suo tempo le nuove tecnologie che hanno portato alla creazione dei nuovi televisori a schermo piatto (prima gli lcd e ora i led), con il conseguente abbandono del tv color a tubo catodico. Ora l’azienda abbiatense, unico marchio italiano nel mercato del televisore, per sopravvivere è costretta ad acquistare dagli stessi suoi concorrenti tutta la tecnologia necessaria per assemblare i nuovi televisori. Ma lo fa a caro prezzo: i costi sono esorbitanti, e come attesta l’ultimo bilancio l’azienda produce in perdita. È ovvio che in queste condizioni Mivar si sia rifiutata di accettare una nuova deroga alla cassa integrazione. Anche a costo di sostenere altre pesanti spese. «Se l’azienda conferma i licenziamenti - dice il sindacato - dovrà spendere 4 milioni e 700mila euro per il pagamento di Tfr, indennità, mancato preavviso e altro. Prorogando invece la cassa in deroga, l’azienda potrebbe ridurre l’esborso, anche se il conguaglio arriverebbe al termine della cassa. Ci auguriamo comunque che Mivar rispetti gli impegni già presi in precedenza, che prevedevano appunto una deroga di cinque mesi all’attuale cassa».

Intanto un’altra doccia fredda si è abbattuta sugli altri 74 dipendenti che da settembre dell’anno scorso si trovano in cassa straordinaria e che in gran parte non hanno ancora ricevuto gli stipendi. Il ministero del Lavoro ha respinto la richiesta della cassa. Per assicurare i pagamenti, il sindacato, su suggerimento dello stesso ministero, dovrà chiedere un accordo di solidarietà. Accordo che dovrà risultare retroattivo a partire da settembre 2010.