Lecco Calcio, Di Nunno e quelle dimissioni che fanno rumore

Lascia la presidenza ma resta il patron del club. L’ennesimo colpo di teatro dell’imprenditore, dai successi alle amicizie discusse

Paolo Leonardo Di Nunno durante la festa per la promozione in serie C

Paolo Leonardo Di Nunno durante la festa per la promozione in serie C

Lecco, 26 novembre 2019 - Dimissioni di pancia? Chissà. Di sicuro l’ennesima uscita di Paolo Leonardo Di Nunno dimessosi dal suo ruolo di presidente della Calcio Lecco non contribuisce certo a rasserenare un ambiente che di tutto avrebbe bisogno fuorché di nuovi scossoni. Non che la piazza non fosse abituata a una gestione da “montagne russe“ di un patron che non ha mai nascosto di voler “mettere becco“ nelle decisioni anche quando questo voleva dire squassare la serenità di squadra e tifosi: una su tutte la scelta di cacciare Marco Gaburro, l’artefice della promozione in serie C.

Come tutti gli uomini che si sono fatti da soli, Di Nunno vuole decidere su tutto, soprattutto se a mettere i soldi nel business è lui in prima persona. E di soldi nella gestione di questo Lecco ne ha messi molti l’imprenditorre milanese: si parla di due milioni e mezzo per una stagione, che a suoi occhi (e non solo ai suoi) non ripaga le aspettative della vigilia, soprattutto se confrontate dalla fresca “sbornia“ con un campionato in D stravinto con cinque giornate di anticipo. E così ecco la decisione di lasciare la carica di presidente perché «non ho più voglia di spendere né tempo, né soldi nel Lecco». Com’è facile intuire è un’evidente contraddizione perché Di Nunno resta comunque socio di maggioranza del club di via don Pozzi e a lui spetterà onorare le spese di gestione da qui sino alla fine della stagione, a meno che non decida di vendere ma ci deve essere qualcuno che compra. Più difficile invece è intuire le ragioni dell’ennesima uscita. Molto banalmente potrebbe essere la reazione alla mancata vittoria che il presidente sperava di ottenere nell’ultima sfida di sabato sera contro la Giana Erminio: uno sfogo di rabbia esattamente come avvenne un mesetto fa all’indomani del ko interno contro la Pianese.

E se dietro le dimissioni invece ci fossero altre questioni? Non è un mistero che un mesetto fa il Tribunale di Milano abbia messo i sigilli a quattro locali della catena Tourlè ritenuto, secondo Direzione distrettuale Antimafia di Milano, un franchising messo in piedi con i soldi della vendita della droga. Undici gli arresti disposti dal Gip Natalia Imarisio tra cui anche Giuseppe Carvelli, originario di Crotone e uscito per una condanna a oltre ventidue anni per traffico di droga. Tra i locali posti sotto sequestro nel blitz del mese scorso risulta anche il Tourlè di Sesto San Giovanni, gestito dalla società PGM srl costituita il 7 gennaio 2015 a Cormano e, come risulta dall’ordinanza del Gip, da Paolo Leonardo Di Nunno, Luigi Cannella e Marco Bilotta, questi ultimi due tra le gli undici finiti in carcere. Il 28 ottobre 2016 Di Nunno (che non risulta nemmeno indagato) vendette le proprie quote a Bilotta mentre il 4 ottobre 2018 l’imprenditore rientra con un 30,7% delle quote a fronte di un aumento di capitale.