Valmadrera: Husqvarna, prove di dialogo per evitare la chiusura

Incontro proprietà-sindacati in Confindustria. Intanto il neosindaco di Valmadrera, Antonio Rusconi, ha fatto visita ai lavoratori

Il neosindaco Antonio Rusconi al presidio

Il neosindaco Antonio Rusconi al presidio

Valmadrera (Lecco), 29 maggio 2019 - Prosegue il presidio fuori dalla Husqvarna di Valmadrera. L’azienda è deserta, mentre decine di dipendenti sono in assemblea permanente fuori dai cancelli dello stabilimento che produce motoseghe e tosaerba. L’obiettivo è di riaprire un confronto con la multinazionale svedese che preveda altre soluzioni alla dismissione completa della produzione. A turno i lavoratori dello stabilimento presidiano l’area, ininterrottamente, da lunedì mattina.

Non li ha fermati la pioggia incessante delle prime ore, alcuni addirittura sono rimasti pure la notte e gli spiragli di sole sono arrivati come un buon auspicio. Che però sembra lontano. Ieri mattina si è subito presentato il neo-primo cittadino. «Husqvarna è un’azienda storica che i miei concittadini conoscono da sempre, da quando si chiamava McCulloch – ha spiegato Antonio Rusconi –. Qui non sono coinvolti solo i 102 lavoratori ma anche i terzisti e i dipendenti delle cooperative. Quindi sono molte di più le famiglie che vengono toccate». Rusconi ha già dato disponibilità a essere parte attiva ai tavoli e a sensibilizzare colleghi e istituzioni. «Lunedì ci sarà un incontro con i vertici di Confindustria e ci siamo attivati per un tavolo istituzionale in Provincia», spiega il segretario della Fiom lecchese Fabio Anghileri tra quanti seguono da sempre la delicata vertenza. «Qui ci sono persone la cui età media rende difficile una ricollocazione in un territorio che non sta dimostrando la capacità di gestire una trasformazione che attraversa tutto il Paese», spiega il segretario generale della Fiom Cgil Lecco Maurizio Oreggia, passato in mattinata a dar man forte al presidio.

«Preoccupa del resto la mancanza di ammortizzatori sociali come la mobilità, oggi non più a disposizione. In passato, anche in questa realtà sono stati richiesti e ottenuti sacrifici importanti ai lavoratori e diventa oggi difficile accettare una decisione così drastica. Sono ore difficili, dobbiamo rimanere tutti uniti per trovare una soluzione». Il rischio vero in questi casi, è dividere i dipendenti tra garantiti e non. Dei 102 lavoratori sono 80 quelli oggi a rischio, ovvero coloro che hanno mansioni legate alla produzione.