Effetto Covid, fatturato in calo: il 42% dei piccoli imprenditori teme di non reggere

Il fatturato delle piccole e medie imprese lecchesi è in calo del 24% e il 42% teme di non reggere al 2021. Lo rivela un sondaggio di Confartigianato Lombardia

Un artigiano

Un artigiano

Lecco, 17 febbraio 2021 – Fatturato delle imprese lecchesi in calo a causa del coronavirus e quasi la metà degli imprenditori non sa se riuscirà a reggere nel 2021. Nel 2020 il calo medio complessivo del fatturato per le piccole e medie imprese lecchesi rispetto al 2019 si attesta al -23,4%. E per la prima metà di quest'anno si prevede un'ulteriore riduzione dei ricavi del -13,4%. A essere colpite dal Covid con perdite superiori al 30% sono soprattutto le imprese dei settori del trasporto persone, alimentari, moda, benessere e grafici.

Sono le stesse imprese che prevedono di iniziare l’anno 2021 registrando variazioni tendenziali del fatturato negative e più ampie rispetto alla riduzione media. Se chi esporta nel 2020 ha segnato cali di fatturato in linea con quello medio, quelle che sia in modo diretto che in modo indiretto intercettano la domanda turistica registrano invece una riduzione più ampia, anche in questo caso superiore al 30%.  A rimetterci sono state inoltre specialmente le imprese rosa. Le imprese femminili hanno subito una perdita maggiore di fatturato (-27,8%), calo dovuto anche al fatto che le imprese femminili si concentrano per lo più in settori fortemente colpiti dalla crisi provocata dalla bandemia, per esempio quello del benessere e quello della moda. Tra gli imprenditori con figli o persone non autosufficienti di cui prendersi cura a segnalare di riscontrare maggiori difficoltà nella gestione sono proprio le donne; sono il 34,3% le imprenditrici con figli o altre persone di cui prendersi rispetto al 23,8% degli uomin. Ciò influisce in maniera negativa sui risultati d’impresa, con un calo di fatturato più elevato della media. Tale risultato è anche conseguenza del fatto che i servizi a disposizione, di supporto alle attività di cura, non risultano in molti casi pienamente soddisfacenti.

Complessivamente il 41,9% dei piccoli e medi imprenditori lecchesi lecchesi teme così per la propria attività. Domanda interna debole e in trasformazione, calo del potere d’acquisto dei consumatori finali, alternanza continua di chiusure e aperture lasciano presagire il peggio e molti hanno seriamente paura di non riuscire a superare nemmeno la prima metà del 2021. Rispetto alla capacità delle medie e piccole imprese di recuperare i livelli di fatturato pre-Covid, il 48,9% di operatori economici esprime incertezza rispetto all’andamento futuro del mercato e dichiara quindi di non essere in grado di prevedere quando avverrà il recupero. Incertezza che deteriora le aspettative degli imprenditori sulla base delle quali si parametra la domanda di lavoro e quella per investimenti. La restante quota del 51,1% di imprenditori in media prevede di poter recuperare i livelli di fatturato pre-emergenza sanitaria entro la prima metà del 2022, più precisamente nel mese di marzo, spostando ancora in là il traguardo di recupero previsto per la seconda metà del 2021 rispetto a quanto invece si ipotizzava lo scorso settembre

A raccontare la situazione è un sondaggio promosso da Confartigianato Lombardia a cui hanno aderito oltre 250 micro e piccole imprese e imprese artigiane. “La fotografia che emerge dall’indagine che riguarda il nostro territorio – commenta Daniele Riva, presidente Confartigianato Imprese Lecco – è quotidianamente sotto gli occhi della nostra associazione. Come risulta dai dati, constatiamo che una buona fetta di imprenditori che afferiscono alle aree più colpite dai vari lockdown e zone rosse, è riuscita a far fronte alla prima parte dell’emergenza grazie a un po’ di fieno in cascina derivante da gestioni oculate delle attività. Ma adesso la benzina sta terminando e davvero in molti non sanno più come andare avanti. La ripartenza è quindi necessariamente legata agli investimenti che il nuovo Governo farà sugli artigiani e sulle piccole e medie imprese che rappresentano il 94% del sistema produttivo. Non possiamo permetterci di attendere i tempi infiniti visti nel passato e non possiamo perdere la storica occasione di utilizzare bene le risorse del Recovery plan per cambiare ciò che non va. Alle misure emergenziali a sostegno delle imprese colpite dalle restrizioni imposte dalla pandemia vanno fatti seguire rapidamente nuovi interventi strutturali: riduzione della pressione fiscale sui redditi Irpef e snellimento degli adempimenti tributari, riforma della pubblica amministrazione all’insegna della semplificazione e della gestione manageriale al servizio dei cittadini”.

E poi ci vogliono investimenti: “Contemporaneamente ci aspettiamo investimenti in infrastrutture materiali e immateriali di collegamento delle persone, delle merci e delle informazioni, puntando sugli appalti a chilometro zero e sugli incentivi, come il superbonus 110%, per la riqualificazione del patrimonio edilizio. Per le piccole imprese – conclude Riva – va anche facilitato l’accesso a nuovi strumenti di finanza d’impresa, alla ricerca e all’innovazione digitale e tecnologica, ai progetti di transizione ecologica e di internazionalizzazione, agli interventi per la formazione e il trasferimento d’impresa e di competenze ai giovani, a partire dal rilancio dell’apprendistato quale canale privilegiato di ingresso nel mondo del lavoro. Sono tutti temi su cui la nostra Associazione di categoria sta sviluppando alcuni servizi che definiamo potenziati. Abbiamo numerose attività ai blocchi di partenza per essere ancora più vicini alle nostre imprese e sostenerle in quella che non stento a definire una vera e propria guerra”.

Per affrontare la situazione l’ 80,1% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio intende affrontare i prossimi mesi introducendo almeno un cambiamento: ampliare il numero di committenti, attivare nuovi canali di vendita, produrre nuovi beni e offrendo nuovi servizi non connessi all’emergenza, entrare in nuovi mercati, diversificare la produzione, accelerare la transizione digitale e attivare nuove relazioni d’imprese. A voler puntare al cambiamento sono soprattutto panetterie, rosticcerie, cibi da asporto e ristorazione, taxi e Ncc, pasticcerie, servizi informatici, fabbricazione di macchinari, comunicazione, grafici e fotografi, bevande, distillerie e birrifici, moda e noleggio autobus con conducente. Sette imprese su 10 appartenenti a questi settori risultano essere proprio le “principali vittime” dello shock pandemico, in quanto registrano cali maggiori di fatturato 2020 e quote più elevate di imprese che segnalano seri rischi di sostenibilità dell’attività fino a metà anno 2021. Il 19,2% intende inoltre usufruire di una o più misure del Piano Transizione 4.0. Tra coloro che non intendono farne uso, un 5,5% ne ha usufruito in passato. Ad oggi inoltre il 7% ha effettuato o prevede di effettuare ristrutturazione di immobili aziendali usufruendo del bonus 110%. Il 20,1% scommette poi sulle Olimpiadi invernali: per 1 MPI su 5 le attività preparatorie e l’evento stesso delle Olimpiadi 2026 potranno infatti rappresentare un’opportunità di sviluppo per l’impresa.