Ventisette stop a imprese collegate alle famiglie dei boss

L’attività dei prefetti negli ultimi due anni: record di interdittive

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Lecco e provincia come una enclave di Catanzaro e le sue montagne come una Sila del nord. In meno di due anni i prefetti (nella foto il prefetto Sergio Pomponio) hanno firmato 27 interdittive antimafia nei confronti dei titolari di altrettante società, perché ritenuti esponenti della criminalità organizzata, soprattutto della ‘ndrangheta, oppure perché considerati loro prestanome. I nomi, o meglio i cognomi sono quasi sempre gli stessi: i Trovato di Franco Coco Trovato, il mammasantissima della mala lombarda arrestato nel 1992 che a 75 anni d’età sta scontando un pluriergastolo al 41bis.

Si tratta di un record nazionale e di un caso che fa discutere anche quanti abitano in territori dove boss e picciotti indossano la coppola invece che giacca a cravatta e girano con pistole e lupare al posto di valigette 24 ore piene di contratti e di soldi. In 24 mesi è scattata la serrata per bar, bingo, ristoranti, pizzerie, un’impresa edile, un’agenzia funebre, una ditta di commercio di casse da morto, un negozio, società di consulenza, un mobilificio, concessionarie, autonoleggi, sfasciacarrozze e da ultima una carrozzeria tra Lecco, Calolziocorte dove è stata individuata una delle locali storiche della ‘ndrangheta, Galbiate, Oggiono, Barzago, La Valletta Brianza, Annone Brianza, Valmadrera, Lierna, Robbiate, Olginate e Cernusco Lombardone. Per i politici però non ci sarebbero né connivenze né infiltrazioni, nonostante prefetti, giudici, magistrati e investigatori dimostrino ampiamente e continuamente il contrario.

Daniele De Salvo