Venezia, motoscafo si schianta contro la diga: il nodo del passaggio ai comandi

L'imprenditore scampato al naufragio ascoltato come testimone dalla Procura

Fabio Buzzi

Fabio Buzzi

Oggiono (Lecco), 22 settembre 2019 - «Mi sono girato verso la zona bagagli e all’improvviso ho sentito un gran colpo e mi sono ritrovato in mare». È questo, in estrema, sintesi il racconto che Mario Invernizzi ha reso al sostituto procuratore Andrea Petroni, incaricato di fare luce sulla tragedia di Venezia nella quale hanno perso la vita due piloti lecchesi, Fabio Buzzi e Luca Nicolini, e il meccanico olandese Erik Hoorn. L’imprenditore, già rientrato in città, è stato dimesso dall’ospedale Civile di Venezia dove era stato ricoverato per le lesioni subìte nell’impatto, ma come unico sopravvissuto dell’equipaggio del motoscafo schiantatosi contro parte della diga del Mose è stato sentito come persona informata dei fatti. 

Un racconto su cui gli investigatori contavano per capire come il motoscafo sia potuto finire a quella velocità contro la barriera. Una speranza andata in parte delusa.  Mario Invernizzi, infatti, ha ripetuto quanto già detto ai familiari più volte, ovvero che al momento dell’impatto si trovava nella zona di poppa e quindi con le spalle rivolte ai comandi, sebbene abbia anche più volte ribadito che a cinquanta miglia dalla Serenissima avesse lasciato la cloche a Fabio Buzzi. È questo il punto della ricostruzione dei fatti che interessa maggiormente la Procura, che indaga per le ipotesi di reato di naufragio e omicidio colposo. Per ora il fascicolo è ancora aperto contro ignoti.