Colico, il coordinatore della Croce Rossa: "Responsabilità, il lago non è una piscina"

Alberto Guglielmo invita alla prudenza

Alberto Guglielmo

Alberto Guglielmo

Lecco, 3 agosto 2020 - Non siamo neppure a metà dell’estate e già il bilancio dei morti annegati sul Lario sembra un bollettino di guerra: sette negli ultimi dieci giorni, quasi tutti giovanissimi. "Nonostante gli appelli e gli inviti alla prudenza è un anno nero – spiega Alberto Guglielmo, responsabile degli Operatori salvataggio in acqua della Croce Rossa di Colico – e purtroppo non si muore annegati solo sul Lario, ma anche negli altri laghi e nei fiumi". Nella maggior parte dei casi la colpa e dell’imprudenza di chi, pur non sapendo nuotare bene, non resiste alla tentazione di un bagno.

"Purtroppo il lago non è un piscina, anche a pochi metri da riva il fondale può digradare di decine se non addirittura centina di metri (nel punto più profondo ci si inabissa fino a 410 metri ndr.) questo può essere fatale quando si è in difficoltà. La profondità è un grosso ostacolo anche per noi soccorritori, fino a due o tre metri sotto il livello dell’acqua si può intervenire quasi senza difficoltà e la visibilità è buona, poi diventa molto complesso anche solo capire il punto esatto in cui una persona si è inabissata".

Per recuperare il corpo di Florin Iancu, un ventiseienne di origini romene che era annegato lo scorso 22 luglio di fronte a Onno, ci sono voluti cinque giorni di ricerche da parte dei vigili del fuoco con l’aiuto di un robot per scandagliare le profondità. "La nostra unità presta servizio anche nelle competizioni di triathlon e nuoto che si svolgono sul lago, posso garantire che anche se si tratta di persone allenate ci capita di intervenire nei primi 50 metri perché in tanti vanno in difficoltà – prosegue Guglielmo –. Ci sono tante variabili da considerare: il peso dell’acqua, il vento che magari increspa la superficie e provoca onde che possono ostacolare la respirazione, la differenza di temperatura della colonna d’acqua che può provocare ipotermia quando ci si tuffa. Come si fa in montagna è meglio saper riconoscere i propri limiti e rinunciare, specie se non si sa nuotare bene. Entrare utilizzando il salvagente o i gonfiabili, confidando nel fatto che non ci sono correnti o mulinelli, può rivelarsi un azzardo che può costare anche la vita. Anche se a controllare ci siamo noi, i vigili del fuoco e su alcune spiagge i bagnini il primo presidio deve essere la responsabilità individuale".