Stupro di gruppo: si torna di nuovo in Cassazione

Così ha deciso la terza sezione della Corte d’Appello di Milano, che ieri ha reso note le motivazioni della sentenza

La sede della Cassazione

La sede della Cassazione

Lecco, 4 maggio 2016  Per la terza volta si tornerà in Cassazione. Così ha deciso la terza sezione della Corte d’Appello di Milano, che ieri ha reso note le motivazioni della sentenza sul presunto stupro di gruppo avvenuto la notte del 6 marzo 2005, su una spiaggetta. Per i giudici la presunta vittima, Vanessa (allora minorenne), non risulta credibile perchè la sua versione dei fatti - cioè che quei quattro giovani con la scusa di darle un passaggio a casa l’avevano stuprata su una spiaggetta sotto la Provinciale 72, tra Dervio e Colico - è contradditoria e non avvalorata dalle prove fattuali.

I quattro imputati - i cugini Mattia e Daniel Fontanini, Marco Grigi e Manuel Pedrazzoli - devono quindi essere assolti. «Le motivazioni della sentenza - spiegano gli avvocati Michele Cervati e Laura Redaelli, difensori di Grigi e Pedrazzoli - confermano quanto stabilito la sentenza di primo grado emessa dal giudice Paolo Salvatore nel dicembre 2009. Una bella notizia per i nostri assistiti che in tutti questi anni hanno dovuto convivere con la pesante etichetta di stupratori». Eppure il procedimento «fiume» non è destinato a concludersi con questa sentenza perchè il difensore della presunta vittimna annuncia sin da ora la volontà di impugnare la sentenza e tornare in Cassazione. Per la terza volta. «La valutazione di questa sezione della Corte d’Appello - ha spiegato l’avvocato Fabrizio Consoloni - si pone in netto e palese contrasto su quanto ritenuto in precedenza da due altre sezioni di Corte d’appello di Milano, che invece hanno ritenuto del tutto credibile e attendibile la minore e responsabili gli imputati. Non posso che rivolgermi al Supremo collegio».

Il processo «fiume» dunque tornerà in Cassazione, che però non potrà entrare nel merito della vicenda ma dovrà attenersi a questioni di diritto. Resta il fatto che a più di dieci anni non c’è ancora una verità giuridica su quanto accaduto quella notte. Si è ancora in un limbo che non fa bene a nessuno: alla presunta vittima e al presunto branco che l’avrebbe posseduta in una notte di violenze. Storture di un sistema giudiziario che qualche pecca ce l’ha.