Piscine, crac da 15 milioni. E ristori troppo tardi

Fallimento Gestisport: oltre ai nove impianti chiusi, quasi 500 collaboratori sportivi che lì lavoravano sono rimasti a casa

di Daniele De Salvo

Hanno il fiato corto i gestori di palestre, piscine e impianti sportivi. I ristori per affrontare la maratona della pandemia sono arrivate tardi e, quando sono arrivati, per molti si sono rivelati insufficienti per proseguire la gara di resistenza al lockdown e alle restrizioni da Covid. Come per i soci della Gestisport, cooperativa di Carugate fondata nel 1986 che gestivano i centri e piscine comunali di Merate e Oggiono in provincia di Lecco, Gorla Minore e Jerago in provincia di Varese, Voghera nel Pavese e Bresso, Carugate, Lainate e San Donato del Milanese, che hanno dovuto portare i libri in tribunale schiacciati dal peso di 15 milioni di euro di debiti. "L’emergenza sanitaria ci ha stroncato – spiega Luigi Vescovi, 63 anni, che era l’amministratore delegato della coop sportiva -. Siamo stati i primi a chiudere e quasi gli ultimi a riaprire. Quando abbiamo riaperto inoltre abbiamo dovuto rispettare molte limitazioni. Gli aiuti per noi sono arrivati tardi e in misura insufficiente". Il risultato? Oltre ai nove impianti sportivi chiusi, quasi 500 collaboratori sportivi che lì lavoravano sono rimasti a casa, dopo un lungo periodo già di magra dovuto appunto alle serrate coatte.

"Durante la prima ondata tra marzo e maggio 2020 ci è stato riconosciuto un aiuto di 800 euro - spiega Diego Consonni, 35 anni, che era il direttore sia del centro sportivo di Merate, ristrutturato e ampliato nel 2018 con nuove piscine, una sala fitness e una spa, sia di quello di Oggiono -. A giugno abbiamo riaperto ma con parecchi vincoli per richiudere di nuovo da novembre fino allo scorso febbraio con sussidi da 400, 800 e 1.200 euro". Durante le riaperture inoltre in molti hanno potuto lavorare solo a orario ridotto proprio per le misure anti-contagio e quindi a stipendio ridotto visto il loro contatto atipico. Qualcuno ha provato ad arrotondare con qualche corso online o al domicilio, ma non basta. Ne hanno fatto le spese pure i 25mila utenti che avevano già pagato abbonamenti, magari annuali da centinaia di euro, che ora non possono usare. Almeno per qualche struttura pare ci siano potenziali nuovi gestori interessati, sebbene il rincaro delle bollette di luce, riscaldamento e acqua non agevoli il passaggio di consegne.

Per questo i sindaci dei paesi dove i centri sono stati chiusi battono cassa al Premier Mario Draghi e al governatore lombardo Attilio Fontana: "Vi invitiamo a trovare ulteriori soluzioni e risorse a favore di un settore che rischia il default, con tutte le conseguenze sociali che ne deriverebbero, e che riguarda in primis i nostri Comuni che hanno impianti natatori di proprietà", scrivono in una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio e di Regione Lombardia.