Patagonia, Della Bordella e Gheza ripetono Care Bear Traverse

I due alpinisti per la prima volta sulla traversata di 5 chilometri con quasi 4mila metri di dislivello lungo il massiccio del Fitz Roy, compiuta da Tommy Caldwell e Alex Honnold nel 2014

Matteo Della Bordella e Leonardo Gheza

Matteo Della Bordella e Leonardo Gheza

Torna a sorridere Matteo Della Bordella, che come molti alpinisti lecchesi ha eletto la Patagonia argentina suo "terreno di caccia". Insieme al compagno di cordata Leonardo Gheza, il Ragno di Lecco ha messo la firma alla prima ripetizione del Fitz Roy Traverse, compiuta da Tommy Caldwell e Alex Honnold dal 12 al 16 febbraio 2014. Un lungo viaggio in cresta di oltre 5 chilometri con quasi 4000 metri di dislivello e difficoltà fino al 7a (5.11d) C1 65 unendo le cime dell'Aguja Guillaumet, Aguja Mermoz, dello stesso Fitz Roy, Aguja Poincenot, dell'Aguja Rafael Juárez, dell'Aguja Saint-Exúpery e dell'Aguja de l'S.Fitz Roy. Ce l'hanno fatta in tre giorni per poi rientrare verso valle seguendo la via franco-argentina e fare rientro a El Chaltén.

Aguja Guillaumet, Aguja Mermoz, Pilastro Goretta e Fitz Roy
Aguja Guillaumet, Aguja Mermoz, Pilastro Goretta e Fitz Roy

Il bilancio

“Siamo molto contenti della scalata, di com’è andato questo primo tratto di traversata. Ora sappiamo che non è fuori dalla nostra portata”, spiega Matteo. “La cordata con Leo ha funzionato alla grande. Siamo andati veloci, nonostante gli zaini pesanti. Abbiamo scalato spesso in conserva, con fiducia totale. Tutte cose per nulla scontate”. Ora è tempo del riposo. “Anche se non abbiamo spinto al massimo mentalmente, a livello fisico è stata una traversata impegnativa. Abbiamo ancora tempo a disposizione, magari si potrebbe valutare un secondo tentativo. Vedremo nel mese di febbraio”.

Care Bear Traverse

La traversata compiuta da Matteo e Leonardo prende il nome di Care Bear Traverse, ed è stata realizzata per la prima volta dagli americani Dana Drummond e Freddie Wilkinson. Era il 2008 e in quell’occasione gli alpinisti hanno completato la salita in 3 giorni con un bivacco in cima all’Aguja Mermoz e un secondo bivacco sulla cresta sud dell’Aguja Val Biois. Il nome nasce dalle condizioni incontrate durante la traversata, con una meteo non molto buona. I due scalatori trovatisi tra le nuvole si sono lasciati ispirare da un celebre cartone animato americano, “Care Bears”, che andava in onda negli anni Ottanta. I protagonisti di questo cartone vivevano tra le nuvole, come loro sul Fitz. Nel corso degli anni questa traversata ha visto molte ripetizioni.

La traversata 

“Il nostro obiettivo era il Fitz Traverse, sulle orme di Caldwell e Honnold” spiega Matteo. “L’idea è di Leo. Quando me ne ha parlato qualche mese fa mi sono subito chiesto se fossi pronto per una sfida così grande”. Nessuno, dopo Caldwell e Honnold ha mai ripetuto la lunga traversata sul filo di cresta del Fitz Roy. Solo Sean Villanueva O'Driscoll, che nel febbraio 2021 ha completato quello che ha battezzato come Moonwalk Traverse, si è mosso lungo l’intero filo di cresta del massiccio. Il belga, a differenza dei primi due, si è però mosso nel senso opposto, cioè partendo dell'Aguja de l'S e terminando sull'Aguja Guillaumet. Un progetto completamente diverso rispetto a quanto realizzato dai due americani.

Le condizioni

“Questa non era la finestra perfetta in cui fare il tentativo, ma dopo la nuova via sull’Aguja Mermoz eravamo motivati, così abbiamo deciso di andare”. Lasciata El Chaltén lo scorso 16 gennaio, i due hanno attaccato a salire verso la cima dell'Aguja Guillaumet martedì 17 gennaio. “Siamo partiti bene, a un buon ritmo. Alle 17 eravamo già oltre l’Aguja Mermoz”. Con l’arrivo della sera i due si preparano a un primo bivacco, con loro avevano una tenda leggera per potersi riparare durante le ore di riposo. “Il secondo giorno, il 18 gennaio, abbiamo scalato il Pilastro Goretta per la via Casarotto. Un percorso incredibile, ci tenevo a ripeterlo. Non posso dire che sia facile, ma entusiasmante. In alto siamo stati rallentati dalle difficoltà”, ma comunque alle 17 Matteo e Leonardo sbucano sulla cima. “Qui si ci siamo trovati di fronte al primo vero ostacolo: dal pilastro è necessario affrontare ancora circa 300 metri per raggiungere la cima del Fitz Roy. Avremmo potuto provarci subito, ma lungo la parete scorreva una cascata d’acqua e tirava un vento molto forte”. Così i due scelgono di bivaccare in cima al Pilastro. Durante la notte la cascata si asciuga e al mattino possono attaccare le ultime centinaia di metri che li separano dai 3359 metri del Fitz Roy. Raggiunta la cima, e completata la Care Bear Travers, Matteo e Leonardo decidono di non continuare. “Stavamo bene, i materiali erano ok, avevamo ancora tante energie da spendere, ma stava arrivando il maltempo, così abbiamo preferito non prendere rischi eccessivi”. Dopo essersi calati per la via franco-argentina i due hanno fatto direttamente rientro a El Chaltén.