Padre Tentorio, presi gli assassini: "Eliminato perché contro i potenti"

Sacerdote lecchese freddato nelle Filippine, il nipote: dava fastidio

Padre Tentorio nelle Filippine

Padre Tentorio nelle Filippine

Santa Maria Hoè (Lecco), 11 novembre 2017 - Sono stati individuato i presunti assassini di padre Fausto Tentorio, il missionario del Pime di 59 anni originario di Santa Maria Hoè, in provincia di Lecco, che la mattina del 17 ottobre 2011 è stato crivellato di colpi di pistola da due killer fuori dalla chiesa di Arakan a Mindanao, un’isola nelle Filippine, dove il religioso svolgeva il suo ministero dal 1979. A più di sei anni dall’agguato, il procuratore di Stato aggiunto Peter Ong del Dipartimento di Giustizia di Manila ha denunciato una dozzina di persone, tra cui i possibili esecutori materiali del delitto e i mandanti. Tra gli indagati, al momento a piede libero, figurano due comandanti dell’esercito regolare e diversi miliziani governativi.

Le indagini sono in corso, probabilmente verranno chiuse a fine mese, quando verranno definiti gli ordini d’arresto. Gli inquirenti tuttavia hanno già diffuso una copia della loro relazione ai giornalisti dell’Associated press, una mossa dettata dal timore di insabbiamenti, dato il calibro dei coinvolti nell’inchiesta. Il possibile movente dell’omicidio non è stato reso noto, dagli ambienti giudiziari trapela tuttavia la conferma delle ipotesi formulate sin dalle prime battute: l’agguato potrebbe essere legato all’attività del sacerdote brianzolo che ha sempre difeso i tribali del posto contro le manovre dei latifondisti e degli sfruttatori delle risorse minerarie che agiscono con la connivenza di militari, politici corrotti e mercenari, che lo accusavano di sostenere i ribelli dell’Npa, New people army, un’organizzazione armata comunista.

«Non abbiamo ancora letto gli atti giudiziari - riferisce Andrea Tentorio, nipote del sacerdote e presidente di «Non dimentichiamo padre Fausto», una onlus fondata da familiari, amici e persone che continuano a sostenere i progetti di sviluppo avviati dal missionario -. Abbiamo solo la certezza che l’uccisione di mio zio è stata ordinata da chi lo riteneva un ostacolo agli interessi dei potenti di turno». «Chiediamo di non ritenere colpevoli i nostri uomini finché non saranno giudicati tali», difende però i suoi soldati il generale Restituto Padilla, portavoce dall’Afp, le Forze armate filippine. Nonostante la possibile svolta, la situazione in zona rimane molto tesa: a inizio settimana un collaboratore di padre Pops, come veniva affettuosamente chiamato il missionario, è stato anche lui ammazzato e i testimoni chiave del delitto sono costretti a vivere sotto scorta. A peggiorare e complicare ulteriormente il quadro ci sono poi pure gli estremisti islamici che controllano parti di Mindanao.