Olginate, la Maggi Catene rischia il fallimento

I creditori non accettano il concordato proposto dalla proprietà. Il 5 giugno prossimo il tribunale si pronuncerà

Lavoratori in presidio fuori dalla Maggi Catene

Lavoratori in presidio fuori dalla Maggi Catene

Olginate (Lecco), 23 magfgio 2019 - L'accordo non c’è, i creditori non accettano il piano di concordato e la Maggi Catene di Olginate è sull’orlo della chiusura. I giudici del tribunale civile di Lecco hanno già fissato per il 5 giugno l’udienza per decretare il fallimento dell’azienda di famiglia dell’ex presidente degli industriali lecchesi e valtellinesi e attuale attuale presidente nazionale di Assofondipensione Giovanni Maggi, che comunque dal 2013 non ricopre più alcuni incarico operativo e gestionale e dal 2016 nemmeno partecipa più al Cda di cui faceva parte come semplice consigliere senza poteri.

Il buco di bilancio stimato è di oltre 27 milioni di euro, che comprendono anche i mancati versamenti dei contributi previdenziali e dei fondi destinati al Tfr della cinquantina di dipendenti ancora superstiti. I vertici del gruppo hanno proposto di restituire almeno una dozzina di milioni a chi reclama soldi arretrati nel giro di 7 anni. Nonostante le discussioni e i tentativi di mediazione anche da parte dei dirigenti di Confindustria per limare la proposta e renderla potabile, ai più di coloro che vantano crediti non piace, come non convincono le ipotesi di una newco per garantire la continuità aziendale, di convertire alcuni crediti in capitale sociale e di effettuare una transazione fiscale per il pagamento parziale e dilazionato dei debiti aventi natura fiscale e previdenziale ad Agenzia delle Entrate, Inps, Inail e fondi previdenziali.

«Dato atto che non sono state raggiunte le maggioranze, ritenuto di dover disporre la convocazione delle parti, fissa per l’esame dell’istanza per dichiarazione di fallimento l’udienza del 5 giugno 2019 ore 15.30», si legge nel provvedimento firmato nei giorni scorsi dai magistrati lecchesi. In attesa dell’udienza ieri si sono riuniti assemblea anche tutti i lavori dell’ex colosso della catene, fondato nel 1925 che tuttavia potrebbe non arrivare a tagliare il traguardo dei 100 anni. Tra l’altro una delle cause della bocciatura del concordato è l’aver inserito proprio i dipendenti che vantano stipendi e contributi arretrati tra i creditori chirografi invece che privilegiati, a cui riconoscere il pagamento appena del 27,8% degli insoluti, una scelta senza precedenti in Italia.