Merate, rette troppo alte: i genitori dei ragazzi disabili hanno ragione

Il Tar conferma che il conto pagato al Centro diurno era illegittimo

Il Centro diurno per disabili di Merate

Il Centro diurno per disabili di Merate

Merate, 12 dicembre 2018 - Dal 2012  in poi sono stati obbligati dai sindaci e dagli operatori dei servizi sociali del Meratese a pagare una retta fissa al mese (più i costi della mensa) per consentire ai loro figli diversamente abili di frequentare il Cdd di Merate, il Centro diurno per disabili.

Si tratta di 300 e passa euro al mese, più dei 270 euro che gli utenti del Cdd come gli altri disabili percepiscono come pensione di invalidità e quindi più di quanto potrebbero permettersi di pagare. Si tratta complessivamente di decine e decine di migliaia di euro a carico dei familiari che nessuno avrebbe mai dovuto pretendere né incassare. Loro, i familiari dei ragazzi, lo hanno sempre sostenuto, nessuno tuttavia li ha mai voluti ascoltare. Nessuno tranne i giudici del Tar di Milano a cui sono stati obbligati a rivolgersi e che il mese scorso, al termine di un lungo contenzioso legale, hanno stabilito invece che avevano e hanno ragione loro e che quei soldi chiesti illegittimamente dovrebbero essere restituiti. Secondo i togati infatti non si possono mettere le mani in tasca a chi si trova in una situazione di necessità senza tenere conto dell’Isee individuale, l’Indicatore della situazione economica equivalente.

«Nonostante il trattamento umiliante che ci hanno riservato i primi cittadini e i loro collaboratori dell’Assemblea distrettuale del Meratese, che non sono mai voluti entrare nel merito della questione comportandosi da biechi burocrati, noi quei soldi non li rivogliamo indietro – spiega però Costantino Scopel, 76 anni, padre di uno dei ragazzi del Cdd e fondatore dell’associazione “Il Granaio”, che è anche una comunità alloggio di Paderno d’Adda per disabili adulti, il quale si è appellato ai magistrati del Tribunale amministrativo regionale insieme ai rappresentanti di altre associazioni come “Il Grappolo” e “Gli amici del Cse” e ad altri amministratori di sostegno degli utenti del Cdd -. Non chiediamo l’elemosina, né intendiamo essere causa di problemi di bilancio. A noi basta essere coinvolti nella stesura dei nuovi regolamenti sui servizi per i disabili in modo da evitare che vengano commessi altri errori e che vengano poi annullati. Ecco, noi vorremmo semplicemente collaborare per non essere trattati come semplici spettatori per quanto riguarda il presente e il futuro dei nostri figli». La sentenza tra l’altro non riguarda unicamente il Cdd di Merate, né i soli sindaci del Meratese, guidati dalla presidente Adele Gatti, ma tutti i primi cittadini e i servizi per disabili e gli utenti dell’intera provincia di Lecco.

«Auspichiamo di essere finalmente ascoltati e che i Comuni la smettano di sperperare il danaro dei contribuenti in avvocati – prosegue Costantino Scopel -. Vorremmo semmai che le risorse risparmiate da quanto ci spetterebbe di diritto ma che invece non intendiamo richiedere indietro venga destinato alle esigenze dei Cdd e di chi i Cdd li frequenta». Al momento però, nonostante il verdetto, nessuno tra i sindaci si è nemmeno degnato di riceverli.