"Il primario opera anche di sabato". Colleghi in rivolta, sospeso e poi riammesso

Merate, lui attacca: l’ho fatto per accorciare le attese delle pazienti

Gregorio Del Boca, primario di ginecologia

Gregorio Del Boca, primario di ginecologia

Merate (Lecco), 30 novembre 2017 - Lo scrittore Dino Buzzati, nella sua novella Questioni ospedaliere, narrava della disavventura di un uomo costretto a girovagare in un ospedale «con una ragazza tra le braccia, tutta grondante sangue», rimbalzato da dottori, infermieri e uscieri da una parte all’altra, in cerca di qualcuno che la medicasse.

Ecco, il dottor Gregorio Del Boca, 61 anni, primario di Ginecologia del San Leopoldo Mandic di Merate, provincia di Lecco, ha impedito che le sue pazienti fossero obbligate a lunghe attese, a peregrinare da uno sportello all’altro e magari a cambiare medico e ospedale per essere sottoposte a piccoli ma importanti interventi chirurgici. Come? Sfruttando le camere operatorie, vuote e inutilizzate, il sabato mattina o nei pomeriggi dei giorni feriali, perché destinate ai rari interventi d’emergenza, eseguendo operazioni ritenute non urgenti, una soluzione di cui nessuno parla, sebbene attuata ovunque. Nessuno tra i suoi diretti superiori lo ha ringraziato, nessuno gli ha mai nemmeno riservato una pacca sulla spalla, nonostante non ci abbia guadagnato nulla e abbia rinunciato a weekend lunghi e fine settimana a casa. Anzi, per il suo comportamento è stato punito, con una sospensione dal servizio per due mesi. A dargli addosso sono stati alcuni colleghi, infermieri e sindacalisti, stufi di lavorare fuori orario, nonostante fossero comunque pagati per la reperibilità: contro di lui hanno presentato una segnalazione ai responsabili della sanità locale e un esposto in procura denunciando l’uso improprio delle camere e dell’equipe operatorie. Dal canto loro i vertici ospedalieri hanno rincarato la dose con una sanzione disciplinare senza precedenti. I sessanta giorni di riposo forzato senza stipendio sono stati poi «congelati», sia perché il primario ha presentato ricorso al giudice del lavoro, sia perché consiglieri regionali, sindaci del territorio, luminari della scienza medica, pazienti, cittadini, camici bianchi e operatori sanitari in generale hanno organizzato petizioni e altre azioni di protesta.

Anche la città si è schierata a fianco di Del Boca, avviando una petizione che ha raccolto sinora più di 500 firme. «Noi medici dobbiamo riappropriarci del giuramento di Ippocrate – commenta il diretto interessato, che nel merito della vicenda non vuole e non può entrare, pena un altra tirata d’orecchie per aver parlato con i giornalisti -. Con i miei collaboratori ho ricevuto attestati di sostegno personale, ma soprattutto di sostegno alla medicina che incarniamo, che non è quella delle regole e dei protocolli e basta, ma è quella basata sul rapporto di fiducia tra il medico e il paziente. Le norme devono essere rispettate e noi le rispettiamo, il nostro obiettivo tuttavia è sempre e solo quello della cura delle nostre pazienti, che sono persone». «A fronte di segnalazioni specifiche abbiamo l’obbligo di verificare. – si limita a spiegare un imbarazzato Stefano Manfredi, direttore generale dell’Asst lecchese, l’Azienda socio-sanitaria territoriale a cui l’ospedale di Merate fa capo -. Non si accorciano le liste d’attesa come ha fatto lui e soprattutto non con iniziative del singolo, ma con procedure condivise da tutti».