L’urlo del medico in Africa: si muore di fame, aiutateci

Il dottore di Robbiate in pensione si trova in missione in Kenya dagli anni ’90 "Oltre il 90% della popolazione ha bisogno di cibo, siamo sotto pressione"

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di Daniele De Salvo

La “sua Africa“ ha sete e fame probabilmente come non mai. Manca acqua e cibo, gli animali muoiono e stramazzano al suolo come foglie che cadono a terra d’autunno e si profila un’emergenza sanitaria immane. Si rischia anche un conflitto, perché quando c’è carestia c’è chi è disposto a depredare e uccidere per sopravvivere: è già successo in passato. "Aiutateci!" è il disperato e perentorio grido di Giuseppe Bollini, medico in pensione di 76 anni di Robbiate, ex primario di lungo corso del Pronto soccorso del San Leopoldo Mandic che ha contribuito a fondare. Non lo chiede per lui, lo chiede per la "sua" gente di Sololo, cittadina di circa 5mila abitanti a nord del Kenya, vicino al confine con l’Etiopia, travolta dalla più grave siccità degli ultimi tempi che sta assetando e affamando tutto il Corno d’Africa. Lì, dagli anni ‘90, gestisce da volontario un progetto di sviluppo, sfociato in un villaggio in cui vengono assistiti tramite sostegni a distanza 300 orfani affidati in loco a 100 famiglie, oltre a 75 studenti e 27 anziani. Una vera e propria comunità locale di oltre 500 persone. "Stanno soffrendo moltissimo, ma almeno loro stanno bene", spiega il dottor Giuseppe Bollini. "Gli altri abitanti invece sono alla disperazione – prosegue –. Sono in pochi per richiamare l’attenzione degli operatori delle grandi organizzazioni e della cooperazione internazionale". Per la legge dei grandi numeri le risorse e gli aiuti vengono destinati altrove, non lì. "Oltre il 90% della popolazione ha un disperato bisogno di cibo – racconta –. Presto si dovrà fare fronte anche a una crisi sanitaria di diarrea e malnutrizione di massa". I pochi, se non gli unici, che si stanno occupando della catastrofe umanitaria in corso a Sololo sono lui e gli altri volontari del Cipad, una ong del posto gestita da persone del luogo, appoggiati dai volontari della onlus Mondeco di Muggiò. "Siamo sotto pressione e subissati da una travolgente richiesta di aiuto – insiste il medico –. Abbiamo bisogno di aiuto per incrementare la distribuzione di cibo e acqua che abbiamo già incominciato".

Basta poco a segnare la differenza tra la vita e la morte a Sololo: "Trenta euro possono essere tradotti in “cibo di minima“ per una persona per un mese! Siamo in grado di aumentare il numero di persone che assistiamo, ma possiamo riuscirsi solo nella misura delle donazioni che riceviamo". Quando era medico al Pronto soccorso dell’ospedale di Merate ha salvato tante persone in Brianza, ora è il momento di aiutarlo a salvarne tante altre nella “sua Africa“.