L’ultimo reduce della barbarie nazista

Clemente Nava incontra i bambini e i ragazzi dell’Istituto comprensivo per raccontare la sua storia. La sua testimonianza è un dono

Migration

Il racconto si scioglie in un grande applauso che vuole essere una forma di ringraziamento per una testimonianza viva di episodi tanto gravi da diventare indelebili per chi li ha vissuti e testimonianza diretta per chi li ascolta. Clemente Nava, classe 1924, pontelambrese, ha ricevuto il 27 gennaio, Giornata della Memoria, la Medaglia d’onore conferita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per mano del prefetto di Como, Andrea Polichetti. E ha voluto, i giorni successivi, condividere questo momento con i bambini e i ragazzi del suo paese raccontando lui stesso la dura esperienza della prigionia nazista.

Arruolato nell’agosto del 1943 ad Alba in provincia di Cuneo,opo l’Armistizio dell’8 settembre del 1943, fu deportato ad Auschwitz per poi essere condotto a Küstrin in Polonia e destinato al lavoro forzato nei campi presso una famiglia del posto. "Il giorno in cui venne firmato l’armistizio pensai di essere libero – racconta Nava, inconsapevole di cosa sarebbe accaduto- e invece venni catturato… scrissi in fretta e furia un biglietto a mia mamma nel quale le comunicavo cosa mi stava accadendo". Purtroppo quel biglietto non è mai arrivato ai genitori perché venne censurato, genitori che già erano nel pieno della sofferenza perché avevano anche un altro figlio a militare.

"A Kustrin mangiavamo tutti poco, un cucchiaino di zucchero, un pochino di marmellata e una fetta di pane e dormivamo in un lager"- racconta. Andò avanti così per due anni di prigionia durante i quali venne deportato in tre campi di concentramento. Il momento in cui prevalse la paura non fu uno: "La paura c’è sempre stata non mi ha mai abbandonato, prima di essere catturato alcuni uomini avevano raccontato di aver visto un gruppo di tedeschi nei dintorni di Alba e da lì la paura iniziò a crescere- racconta- poi la paura si trasformò nel terrore di essere deportato, senza sapere dove mi avrebbero portato e che fine avrei fatto". Lo spavento e lo shock sono vivi ancora oggi e quando Clemente Nava racconta la sua storia prova ancora dolore e compassione, come se il dolore non lo avesse mai abbandonato. I suoi occhi trasmettono agli altri le emozioni che ha provato in guerra.

"Nei miei momenti più difficili per andare avanti ho pensato alla famiglia e alla mia fidanzata- ci confida- e quando sono tornato a casa mia sorella non mi ha riconosciuto". Nava non era a conoscenza fino in fondo di quello che stava accadendo agli Ebrei nei campi di concentramento in Polonia. L’ha scoperto anni dopo, lasciandolo sgomento, dopo la tanta tristezza che già aveva provato. Il ritorno a Ponte Lambro fu una vera odissea: dal Brennero la discesa verso Pescantina nel Veronese, punto di riferimento per le tradotte dei reduci. Poi in treno e a piedi da Como a Tavernerio. Poi ottenne un passaggio a bordo di una Topolino, un’auto dell’epoca. Arrivò a Ponte Lambro distrutto, ma vivo.