"L’ospedale di Merate forse non chiuderà ma è depotenziato"

A lanciare l’allarme è ancora il Comitato durante un incontro pubblico guidato dal sindacalista Scorzelli

"L’ospedale di Merate forse non chiuderà, ma lo stanno depotenziando, ridimensionando e riducendo i servizi e appaltandoli all’esterno". A lanciare, anzi rilanciare l’allarme sul destino del San Leopoldo Mandic di Merate sono stati l’altra sera gli attivisti del Comitato a difesa dell’ospedale di Merate, durante un incontro pubblico guidato dall’ex caposala Giuditta Pacchiarini e dal coordinatore infermieristico Francesco Scorzelli, che è anche il rappresentante sindacale della Rsu della sanità pubblica provinciale più votato. Proprio lui ha elencato i continui tagli: il Pronto soccorso dove prestano servizio medici di società esterne, il reparto di Ostetricia dove nel 2021 ci sono stati meno di 500 parti che è la soglia minima per un punto nascita, la Psichiatria chiusa perché non ci sono psichiatri poiché letteralmente scappati altrove, anestesisti e rianimatori che mancano, la Padiatria con appena 10 posti letto, un dipendente di media al giorno dell’Asst di Lecco che se ne va, le due camere operatorie attive su 6. "Vogliamo difendere la sanità pubblica e salvaguardare l’ospedale di Merate, che è il nostro ospedale di cittadini che vogliamo conservare senza andare a Lecco o a Vimercate", ha ribadito Giuditta Pacchiarini. Accanto a loro si è schierato anche il conduttore radiofonico Massimo Cirri, che ha presentato il suo documentario sulla sanità pubblica italiana. Per difendere l’ospedale di Merate "devono scendere in campo anche i sindaci", ha però sottolineato l’ex consigliera regionale Gigliola Sironi, appellandosi direttamente ai primi cittadini presenti: Massimo Panzeri di Merate, Paolo Brivio di Osnago e l’assessore di Casatenovo Fabio Crippa. D.D.S.