2009-10-11
di MARCO SASSANO
LA SERA del 12 dicembre 1969 un uomo varca il portone della Questura di Milano. Entra spingendo a mano il suo motorino. Ha seguito fino all’ingresso di via Fatebenefratelli un’auto civetta della squadra politica: i funzionari l’avevano invitato a seguirli in Questura. Anarchico, ferroviere, l’uomo, Giuseppe Pinelli, deve essere interrogato per dire ciò che sa di un gruppuscolo ai margini della galassia anarchica, il «Circolo XXII Marzo», capeggiato da un ballerino, Pietro Valpreda. In quel plumbeo giorno di dicembre, un massacro ha insanguinato Milano e atterrito l’Italia per la bomba esplosa alla Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana: 17 morti, 80 feriti. Valpreda è il colpevole predestinato. Negli uffici della squadra politica Pinelli, di nulla incolpato, rimane tre giorni. Il suo fermo scade, la magistratura non lo conferma, viene trattenuto ugualmente. Ne uscirà in agonia, dopo essere precipitato nel cortile da una finestra al quarto piano.

IL LIBRO CHE VIENE qui ripubblicato era un libro di battaglia, concepito nel fuoco di una stagione che avrebbe cambiato profondamente l’Italia. Alcuni lo definivano, con il gergo di allora, un libro di contro-informazione, a me sembrava di pura e semplice informazione, testimonianza di un modo di fare giornalismo che la strage di piazza Fontana e la morte di Giuseppe Pinelli avrebbero contribuito a formare. Un giornalismo irrispettoso delle verità ufficiali, deciso a scavare nei fatti senza accontentarsi di veline, un giornalismo d’inchiesta che avrebbe dimostrato l’infondatezza della «pista anarchica» e la responsabilità di delicati settori dell’apparato statale in quella che fu allora chiamata la «strategia della tensione». Ci vollero anni per sconfiggere quel disegno e lo si fece a prezzo di molto sangue. Ma la verità su quelle trame, sui mandanti e sui complici appartiene alle ricostruzioni della storia, non alle sentenze dei tribunali.

L’ITALIA ERA ALLORA l’unica democrazia che si affacciava sul Mediterraneo: la Francia era un’altra cosa e saldamente nelle mani del regime gollista. Tutti gli altri Paesi erano dominati da governi di stampo fascista, dal Portogallo di Salazar alla Spagna di Franco fino alla Grecia dei colonnelli. Qualcuno aveva stabilito che l’anomalia italiana dovesse in qualche modo finire decidendo di giocarsi la partita con l’esplosivo e i colpevoli predestinati. I successivi anni Settanta furono stagione di tritolo a destra come all’estrema sinistra e il giornalismo ebbe un ruolo di primo piano nel capire e nel raccontare quel che andava accadendo. La morte di Pinelli, con il suo tremendo carico di dubbi e di mistero, che pure dura fino a oggi, fu l’occasione per una diffusa presa di coscienza.