Liam, morto a 4 settimane: è stato un omicidio. Dieci anni alla mamma

Ballabio, colpo di scena nel processo sulla morte del neonato. Assolto il papà

In Tribunale il caso del piccolo Liam

In Tribunale il caso del piccolo Liam

Ballabio (Lecco) - Omicidio preterintenzionale aggravato dal vincolo di parentela, condanna a 10 anni di reclusione per la madre e assoluzione del padre perché il fatto non sussiste. Si è così concluso il processo di primo grado per la morte del piccolo Liam Nuzzo, avvenuta il 15 ottobre 2015, quando il bimbo era nato da appena 4 settimane.

Aurora Ruberto, 39 anni, madre del bimbo e il padre Fabio Nuzzo, 45 anni, erano finiti davanti alla Corte d’Assise di Como con l’accusa di omicidio volontario in concorso: la madre come autrice materiale delle percosse che hanno provocato la morte di Liam, il marito per omissione in quanto, "pur perfettamente consapevole delle reiterate condotte lesive e dei maltrattamenti" che il piccolo subiva dalla madre, tali da rendere necessari tre ricoveri ospedalieri in soli quindici giorni di vita, e che hanno condotto alla sua morte, "le tollerava". I giudici hanno assolto Nuzzo da questa ipotesi, condannando la sola Ruberto per omicidio preterintenzionale. "Utilizzando uno strumento contundente, o sbattendo la testa del figlio neonato su una superficie rigida", diceva l’imputazione, gli avrebbe causato uno schiacciamento del cranio, con conseguente indebolimento fino a favorire l’insorgere di quella polmonite che ne aveva causato la morte.

Una sentenza arrivata quasi a sorpresa, a fronte della richiesta di assoluzione a cui era giunto il pubblico ministero al termine della sua requisitoria. La Corte d’Assise – presidente Valeria Costi, a latere Elisabetta De Benedetto - ha inoltre disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Lecco, per rivalutare la posizione dei sanitari che avevano avuto in cura Liam in occasione del secondo ricovero: lasciando quindi trasparire la possibilità di eventuali omissioni o imperizie nelle valutazioni mediche, che avrebbero impedito di inquadrare correttamente le condizioni del bimbo. La prima volta il bimbo era finito in ospedale – secondo quanto riferito dalla madre - in seguito a una caduta, la seconda per alcuni rigonfiamenti comparsi sulla testa, che durante l’autopsia erano stati ricondotti a due fratture craniche.

Anche la vicenda giudiziaria è stata complessa è contrastata. All’inizio l’apertura dell’indagine era stata seguita da una prima richiesta di archiviazione ed era proseguita con una sentenza di non luogo a procedere da parte del gip. A questa decisione era però seguita l’impugnazione della pronuncia da parte della Corte d’Appello. Si era arrivati infine al processo a Como per un’ipotesi di reato alla quale la Procura, tuttavia, non aveva creduto, al punto di richiedere un’assoluzione. La sentenza di primo grado arriva solo ora, a oltre quattro anni dalla morte del piccolo. E da questa sentenza nasce ora un nuovo fascicolo destinato a valutare la posizione dei medici.