Lecco, fu stupro di gruppo? A dieci anni la verità non c'è ancora

La Cassazione rimanda il processo in Appello per la seconda volta e la difesa chiede di risentire la presunta vittima

 Il palazzo   dove ha sede  la Corte di Cassazione

Il palazzo dove ha sede la Corte di Cassazione

Lecco, 06 marzo 2015 - «CAPISCO I DIRITTI della persona offesa, che resta comunque ancora presunta. D’altra parte non dobbiamo dimenticarci degli imputati, su cui al contrario pende una condanna e dopo dieci anni la loro vita privata resta ancora appesa un filo».

L’avvocato Michele Cervati (con lui i colleghi Laura Redaelli e il professor Paolo Veneziani) torna sulla decisione della Corte di Cassazione, che ad inizio settimana, ha annullato (per la seconda volta) la sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano aveva ritenuto colpevoli (condanne fino oltre i sette anni) i suoi quattro assititi di aver violentato una ragazza di Dervio, all’epoca dei fatti quindicenne.

La storia (6 marzo 2005) è quella di Vanessa, presunta vittima che nel frattempo dopo quanto accaduto ha dovuto andarsene da lì, e dei quattro ragazzi che con la scusa di darle un passaggio a casa dopo una notte in discoteca l’avrebbero costretta a più rapporti su una spiaggetta appartata, in un tratto della Provinciale tra Colico e Dervio.

A dieci anni di distanza sull’intera vicenda giudiziaria non c’è ancora la parola fine. «La richiesta di annullamento della Cassazione - spiega Cervati - conferma ancora una volta che da un lato manca ancora una prova certa della colpevolezza e quindi nella Suprema Corte ha prevalso il principio di innocenza, su cui si fonda il nostro ordinamento».

Si ripartirà dalla Corte d’Appello di Milano dove la prima sezione aveva ribaltato (30 maggio 2012) la sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado dal tribunale di Lecco (21 dicembre del 2009) ribaltò la sentenza di assoluzione condannando i quattro. Ora il fascicolo ritorna in secondo grado. «La requisitoria di oltre mezz’ora del giudice Francesco Mauro Iacoviello in Cassazione impone che ora la ragazza venga risentita, principio introdotto e sancito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo». A distanza di anni insomma l’avvocato dei quattro imputati chiede di tornare a interrogare Vanessa «perché all’epoca venne sentita solo dal Gip in incidente probatorio - aggiunge l’avvocato Cervati -, interrogatorio che poi la Corte d’appello risentì solo in camera di consiglio senza contradditorio in pubblica udienza».