ANDREA MORLEO
Cronaca

Addio all’ultimo pezzo della gloriosa «Sae»

Demolito il vecchio depuratore a fianco di viale Montegrappa

Il vecchio depuratore

Lecco, 5 novembre 2015 - Anche l'ultimo segno tngibile della Sae è stato cancellato dalla geografia cittadina. In questi giorni gli operai di un’azienda specializzata hanno demolito la struttura in ferro, a lato di viale Montegrappa e a fianco del ponte sul Caldone, che apparteneva all’immensa area della gloriosa Società Anonima Elettrificazione.

Quello che ormai da tempo appariva come un ammasso di lamiere arrugginite e malmesse, vestigia di un’epoca che in effetti fa parte dell’archeologia industriale della città, era in realtà un costosissimo depuratore di acidi come ci racconta Giancarlo Pozzi, 74 anni, di cui trentacinque trascorsi proprio in Sae. «Se non ricordo male quella struttura venne costruita sul finire degli anni Sessanta. Allora si raccontava che fosse costata un sacco di soldi, qualcosa come un miliardo e mezzo di lire. L’aveva costruita una società austriaca e si diceva che nelle acque depurate potevano nuotarci anche i pesci rossi dal tanto fosse pulita». È uno dei molti aneddoti come quello «del tunnel sotterraneo che attraversava viale Montegrappa e dall’attuale autolavaggio collegava due parti degli stabilimenti». L’area su cui si estendeva la Sae era immensa: andava dal rione di Olate a quello di Germanedo. Oggi Giancarlo Pozzi vive a Calolziocorte ma è nato ad Acquate «e in quegli anni i due terzi degli acquatesi lavoravano in Sae, che agli inizi degli anni Settanta nel massimo d’espansione, arrivò ad avere 1830 dipendenti solo a Lecco e diecimila in tutto il mondo».

Quegli anni Pozzi li ricorda con malcelato orgoglio e affetto, tanto che oggi a più di venti dalla chiusura dell’azienda (1992) specializzata in pali elettrici lui e molti altri ex dipendenti sono arrivati a fondare il Sae Lecco club. «È un modo per tenere vivi i ricordi di un’epoca e del mito della Sae, di cui noi andiamo siamo sempre andati molto fieri». Sono i ricordi degli anni del boom economico, dell’Italia che si rimbocca le maniche per uscire dalla guerra e Lecco a questa spinta contribuisce con le sue industrie metalmeccaniche.Se porta la firma della Badoni il ponte in ferro sul Bosforo (1972) che collega Europa e Asia, sono «made in Sae» i pali che consentirono di attraversare lo stretto di Messina ed elettrificare la Sicilia nel 1954. «Abbiamo insegnato al mondo intero a fare i pali della luce e poi la globalizzazione ci ha travolto, con gli allievi che hanno superato i maestri», spiega Pozzi questa volta con una punta di amarezza. Quello che rimane dei fasti di un tempo è il monumento che ricorda la Sae e i suoi uomini, oggi circondato dai palazzoni sorti dove una volta si scrivera la storia economica d’Italia.