Koraichi, il foreign fighter in Siria. Paura per la moglie Alice e i figli

Lui detenuto in carcere loro in un campo profughi. Avevano chiesto aiuto. prima della pandemia

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Gli 007 dell’antiterrorismo italiani sembra fossero pronti a riportarlo in Italia, anche per poterlo interrogare su quanto aveva visto, sentito e saputo durante la sua militanza tra le fila dei combattenti di Daesh.

Poi però la pandemia di coronavirus ha scompaginato tutti i piani e adesso non si saprebbe nemmeno più dove sia Mohammed Koraichi, foreign fighter di 35 anni che nel febbraio del 2015 è partito da Bulciago per arruolarsi tra i miliziani del sedicente Califfato nero insieme alla moglie, Alice Brignoli, adesso 42enne, e ai tre figli ora di 8, 10 e 11 anni, a cui se n’è aggiunto un altro nato mentre si trovavano già in Siria, ammesso che siano ancora tutti vivi.

L’ultima volta che qualcuno ha potuto incontrarlo, era rinchiuso in un carcere di massima sicurezza ad Hasakah, in Siria, una sorta di Guantamano per tagliagole, detenuto in una speciedi braccio ospedaliero in un’unica grande cella insieme ad altri 500 come lui, su un totale di cinquemila detenuti di 33 nazionalità diverse. Il timore è che lì dentro sia dilagata fuori controllo la Covid-19 e che molti possano essere morti.

La stessa paura vale per la moglie e i loro figli, che dopo la disfatta dell’Isis si sarebbero rifugiati nell’immenso campo profughi di Al-Hol, sempre in Siria, insieme ad altre 65mila persone, ammassate in condizioni estremamente precarie.

I due l’anno scorso avevano chiesto aiuto ai governanti italiani affinché qualcuno li prelevasse da quell’inferno.

La moglie aveva scritto una lettera recapitata al Viminale tramite gli operatori della Croce rossa internazionale, il marito invece aveva lanciato un appello mediante un’intervista durante un servizio giornalistico pubblicato su Tpi.it e poi ripreso anche in televisione.