Merate, infermiere sindacalista sotto accusa: "Ha parlato troppo con i giornalisti"

Dopo il “bonus” in carte telefoniche l’Asst apre un procedimento

Francesco Scorzelli è caposala del Pronto soccorso

Francesco Scorzelli è caposala del Pronto soccorso

Merate, 2 ottobre 2017 - «Sotto processo» per aver pagato di tasca propria tramite ricariche telefoniche gli straordinari ad alcuni infermieri, ma soprattutto per averne parlato con i giornalisti. I vetrici dell’Azienda socio-sanitaria territoriale lecchese hanno avviato un procedimento disciplinare contro Francesco Scorzelli, 59 anni di Verderio, sindacalista e caposala del Pronto soccorso dell’ospedale di Merate, che ad agosto aveva donato 450 euro di premio di produzione in tessere per cellulari a sette infermieri che avevano rinunciato a ferie e riposi per coprire l’assenza di due colleghe ammalate, effettuando turni extra che non sono stati loro riconosciuti nonostante gli accordi. Nessuno dei suoi superiori lo ha ringraziato del gesto, anzi adesso vogliono pure punirlo.

La sua «colpa» sarebbe quella di aver rilasciato dichiarazioni ai cronisti sulla vicenda, violando «i doveri di comportamento» e provocando «un grave danno all’Azienda». Nelle cinque pagine di contestazioni la presidente dell’Ufficio procedimenti disciplinari Ilaria Terzi, il supplente Enrico Guido Ripamonti e la componente Anna Cazzaniga, rispettivamente responsabili delle Risorse umane, del Dipartimento amministrativo e del Servizio infermieristico tecnico e riabilitativo, sostengono che abbia «utilizzato illegittimamente il suo ruolo e lo strumento delle informazioni a mezzo stampa per destrutturare alla radice il rapporto di lavoro, determinando un danno relazionale tra i dipendenti e l’Asst» e che non abbia «richiesto la prescritta autorizzazione a rilasciate interviste». Tradotto: ha messo in cattiva luce i dirigenti agli occhi dei dipendenti e ha parlato senza permesso con i giornalisti. Interpellati in merito i vertici della sanità provinciale non commentano. «Questa Azienda ha l’obbligo, sulla base delle disposizioni vigenti, di avviare un procedimento disciplinare al fine di accertare eventuali responsabilità», si legge tuttavia nel «fascicolo d’inchiesta».

Pare infatti che sia stato un collega a fare la «soffiata», imponendo l’avvio di un procedimento d’ufficio. Anche il diretto interessato preferisce rimanere in silenzio. Avrà modo di difendersi con una memoria e durante un’audizione. Inoltre in qualche modo è abituato ai «colpi bassi»: è infatti l’ottavo procedimento. Tutte le volte o è stato «assolto», oppure se l’è sempre cavata con «condanne» lievi, tipo richiami formali o un’ora di sospensione, a testimonianza dell’inconsistenza sostanziale delle contestazioni mosse.