Terrorismo, l’imam pericoloso espulso dall'Italia: la famiglia rimane in paese

Mobilitazione di associazioni per aiutare le figlie

Terrorismo: espulso imam in Lombardia

Terrorismo: espulso imam in Lombardia

Lecco, 7 novembre 2017 - Sono rimasti a Olgiate Molgora, dove abitano dal 2007, la moglie e le cinque figlie di I.I, l’imam kosovaro di 39 anni che settimana scorsa è stato espulso dall’Italia perché ritenuto vicino agli estremisti e ai terroristi islamici. La moglie è più anziana del predicatore, mentre le figlie hanno tra i 3 e i 16 anni e frequentano tutte le scuole del paese, sebbene da quando è stato arrestato il padre le più piccole stiano disertando le lezioni. Per ora continuano ad occupare il loro piccolo appartamento, una sorta di monolocale in un sottotetto di una vecchia palazzina, ma non potranno restare lì a lungo perché di fatto sono abusive: lo stabile infatti è stato venduto all’asta nell’ambito di un procedimento fallimentare e tutti gli inquilini hanno già ricevuto lo sfratto.

Nonostante i contatti pericolosi e l’attività di proselitismo ampiamente documentata dai carabinieri antiterrorismo del Ros di Milano, la moglie difende il marito: «Non ha mai fatto male a nessuno, né ha mai avuto intenzione di farlo, non è pericoloso, purtroppo quando uno è musulmano è ritenuto una persona pericolosa». In realtà da lui avevano preso le distanze molti fedeli e altri imam che lo avevano allontanato dalle moschee dove svolgeva il suo ruolo di guida spirituale, come a Costa Masnaga, Como, Renate, Cinisello Balsamo. Anche a Olgiate Molgora non era ritenuto un interlocutore credibile e valido da parte dei componenti della comunità islamica. E pure la figlia più grande a scuola in passato era scappata di casa per fuggire da lui. Il padre aveva raccontato che era stata rapita e portata in Germania sembra tuttavia che sia stata lei di proposito ad allontanarsi, salvo poi essere rintracciata e ricondotta in paese. In attesa che la madre, che non lavora e non alcun reddito, e le cinque figlie trovino una nuova sistemazione, magari in uno degli alloggi Aler per i quali risultano primi in graduatoria, in molti sono comunque mobilitati per aiutarli, a partire dalle assistenti sociali dalle quali sono seguite, sino ad arrivare ai volontari della Caritas, della parrocchia e dell’oratorio e agli altri musulmani.