Statale 36, frana sulla Lecco-Ballabio: lato fragile del Lario: la montagna si sbriciola

L'allarme: smottamenti, reti di contenimento che cedono, colate di melma e detriti. Il responsabile della Protezione civile: "Territorio a rischio dissesto"

Ballabio  (Lecco) - Le montagne della provincia di Lecco si sgretolano. La frana che ieri pomeriggio ha travolto la nuova Lecco–Ballabio è solo l’ultimo di una lunga serie di smottamenti che a più riprese continuano a far tremare il territorio tra il lago di Como e le prealpi lombarde. A inizio settimana, probabilmente a causa di un assestamento del versante che attraversa, si sono staccati alcuni calcinacci in una galleria della Statale 36 a Mandello del Lario alle pendici della Grignetta. Nell’ultimo week-end alcuni massi hanno travolto l’ex Sp 65 tra Perledo e Esino Lario, sempre nel Lecchese. Solo due mesi fa a Ballabio dal Monte Due Mani che incombe sul paese si sono staccati alcuni macigni ed è scattata l’evacuazione d’emergenza in piena notte di alcune abitazioni.

E prima ancora il distacco di massi piombati sempre sulla 36 ad Abbadia Lariana l’antivigilia di Ferragosto, mentre dieci giorni fa, l’1 dicembre, è stato celebrato il ventennale della frana di Bindo, a Cortenova in Valsassina, sepolta l’1 dicembre 2002, da 1.200mila metri cubi di terra e sassi. Poche , fortunatamente e miracolosamente, le vittime: il pomeriggio del 13 novembre 2004, un sabato, a Fiumelatte di Varenna una colata di fango e detriti, ha ucciso Francesco Arosio e Maria Fumagalli, marito e moglie di 72 e 79 anni, che erano in villeggiatura sul lago di Como nella piccola perla del Lario, mentre solo sabato sera a Colico Alessandro Guastoni, geologo 56enne anni di Mandello è rimasto schiacciato sepolto vivo nel cunicolo di imbocco di una vecchia cava abbandonata per il distacco di un lastrone di pietra provocato probabilmente dalle condizioni meteo.

"Il territorio lecchese, come quello dell’inter a zona prealpina e pedemontana è a rischio di dissesto idrogeologico – spiega Fabio Valsecchi, geologo e ingegnere civile, responsabile della Protezione civile provinciale -. Molto spesso i fenomeni che innescano frane e smottamenti sono la pioggia e anche il vento, sebbene possa capitare che non sussistano segnali di allerta e che semplicemente si stacchi del materiale roccioso senza apparente motivo".

I dissesti avvengono comunque soprattutto a livello superficiale: le rocce della zona sono soprattutto calcaree e a base di carbonato di calcio: ossia assomigliano "a un guscio d’uovo che nell’acido si scioglie". Anche le infiltrazioni d’acqua, che di notte ghiacciano aumentando di volume e di giorno si sciolgono provocando instabilità, soprattutto durante i passaggi di stagione, sono tra i “killer“ dei massi. Per questo i versanti sono costellati di bastioni, tettoie e reti paratassi, che però non sempre e non ovunque possono bastare a fare argine all’emergenza.